Alla sinistra serve una nuova stagione di antimafia politica

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Nel primo giorno di primavera sono state decine le piazze che si sono animate nella XXIV Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Una piazza principale nel nord-est, a Padova, e tantissime altre da nord a sud. Studenti, insegnanti, associazioni e sindacati: oltre due milioni di persone.

Sono stati tanti gli spazi di partecipazione che, nelle ultime settimane, hanno parlato, sfidato chi, a sinistra, immagina un’opera di ricostruzione.

La piazza unitaria dei sindacati di Roma, quella delle associazioni di Milano, quelle degli studenti a difesa del clima. C’è un popolo che si è rimesso in moto e che chiede rappresentanza politica.

Ai temi del lavoro, della giustizia sociale e ambientale, le piazze del 21 marzo aggiungono quello decisivo della lotta alle mafie e alla corruzione.

Rispetto a queste ultime questioni, dobbiamo avere l’umiltà e la determinazione di riprendere il filo di un discorso antico.

Nella storia della sinistra in Italia l’impegno nel contrasto alla criminalità organizzata e alle logiche corruttive è stato un elemento caratterizzante il patrimonio genetico di generazioni di militanti e dirigenti politici e sindacali.

L’epopea dei sindacalisti uccisi nel secondo dopoguerra, per aver guidato le lotte contadine per l’attuazione della riforma agraria, la contrapposizione delle amministrazioni comunali socialiste e comuniste al malaffare, quindi la questione morale berlingueriana declinata dall’azione concreta di Pio La Torre.

Una storia di militanza e attivismo che è elemento caratterizzante di tante biografie di donne e uomini che hanno legato il proprio impegno politico ai percorsi di riscatto di interi pezzi di territorio del nostro paese.

L’antimafia politica però è stata offuscata, negli ultimi anni, da atteggiamenti e comportamenti che ne hanno limitato l’orizzonte di senso riducendola a una patacca da ostentare. Abbiamo assistito, nella migliore delle ipotesi, a un esercizio sterile e vuoto di una retorica legata a celebrazioni e anniversari, nella peggiore, a un uso distorto legato a forme discutibili di carrierismo, quando non affarismo e persino collusione, si pensi al “Caso Montante” in Sicilia e alle tante responsabilità della politica, anche a sinistra. Smarrito sembra essere il rigore con cui Pio La Torre, insieme a Cesare Terranova e agli altri parlamentari, lavorò, con fatica e dedizione, alla redazione della Relazione di Minoranza della Commissione Parlamentare antimafia approvata il 4 Febbraio 1976. Capacità di lettura e analisi, rappresentanza politica dei percorsi di lotta e riscatto, attività di denuncia e di proposta, militanza ed esercizio di egemonia culturale. Non è un caso che, dopo la morte di La Torre, la legge che ha istituito il reato di associazione mafiosa porti il nome del deputato comunista siciliano.

Forti di queste radici dobbiamo contribuire ad aprire una nuova stagione di antimafia politica a sinistra.

Siamo di fronte a un fenomeno ormai nazionale, e non unicamente riconducibile alla Sicilia e alle regioni del Mezzogiorno. Le relazioni della Dia e la geolocalizzazione dei maggiori processi per associazione mafiosa danno un quadro chiaro della presenza delle mafie nel centro e nel nord del paese.

Le mafie si muovono alla ricerca di potere e soldi, così, ormai da anni, si sono stanziate nelle regioni più ricche del paese.

Presenza mafiosa, al nord come al sud, significa controllo del territorio attraverso appalti e racket delle estorsioni, significa invasione dell’economia legale con risorse economiche illegali, significa presenza parassitaria che succhia linfa alla qualità della vita democratica e civile.

Occorre generare anticorpi. Si tratta di un lavoro culturale e politico indifferibile di presenza e proposta.

Occorrono misure di sostegno ai percorsi educativi a partire dalle scuole, che ne favoriscano l’apertura pomeridiana e il presidio costante specie nei quartieri più complicati.

Non è un caso mentre scriviamo giunga la notizia dell’incendio intimidatorio all’auto di Chiara Natoli, attivista palermitana di Libera, impegnata proprio nei progetti educativi, a conferma come le mafie siano concretamente “disturbate” da tali azioni di contrasto.

Un lavoro simile, più complesso, va svolto nei confronti della componente imprenditoriale, specie al nord, in alcuni casi poco preparato, in altri tendenzialmente disponibile a trovare un compromesso con la presenza mafiosa.

Dal punto di vista normativo, è necessario, invece, individuare strumenti legislativi e pratiche amministrative che rendano strutturali i percorsi avviati in questi anni soprattutto per quanto riguarda la gestione degli appalti, il sostegno a chi denuncia, la gestione dei beni e delle aziende sequestrate ai mafiosi.

Da sinistra, poi, si deve acquisire l’assunto che la presenza mafiosa sui territori ha conseguenze molto simili agli aspetti più deteriori del capitalismo. Mafie e neoliberismo hanno in comune la marginalizzazione delle esigenze e dei bisogni delle persone, la riduzione dell’essere umano a strumento di profitto per pochi potenti, la compressione della libertà sostanziale dei singoli e del reale accesso alla possibilità di realizzarsi pienamente, così come richiamato nella nostra Costituzione.

Per questo è fondamentale anche allargare l’orizzonte. Promuovere e tutelare il lavoro e la dignità salariale, realizzare politiche sociali che riducano povertà e allarghino diritti, difendere l’ambiente, a partire dalla gestione dei rifiuti, tutelare i beni comuni, come l’acqua pubblica. Questi sono tutti elementi decisivi nella direzione di efficaci politiche antimafia.

La politica, specie la sinistra, ha poi un’altra funzione non secondaria.

Occorre, innanzitutto, recuperare criteri rigorosi nella selezione e nella formazione dei gruppi dirigenti. La qualità morale, deve essere una precondizione a cui non si rinuncia per nessuna ragione, ed insieme ad essa occorre stimolare formazione ed informazione sul fenomeno mafioso, per strutturare prassi ed azioni da svolgere nelle istituzioni e nei diversi livelli di rappresentanza politica.

Per questo è nostro compito farci portatori senza timidezze di un senso di giustizia che è il cuore di ogni strategia contro le mafie. Le mafie sono diseguaglianze, asservimento, ingiustizia, morte. La sinistra deve essere uguaglianza, libertà e giustizia. Tornando a dimostrare di essere viva.

Domenico Siracusano

Nato a Messina 27 Novembre 1974 militante e dirigente dei Ds e del Partito democratico. Dalla fondazione di Articolo Uno, svolge il ruolo di Coordinatore Provinciale di Messina e, da qualche mese, è Responsabile Organizzazione del movimento in Sicilia. Da sempre impegnato nel mondo dell'associazionismo sui temi della pace, dei diritti umani e della lotta alle mafie.