“Les gilets jaunes” sono un fenomeno complesso, che si presta a molteplici giudizi, commenti, interpretazioni. Da più parti. E per diversi motivi e “scopi”.
Storici, sociologi, politologi francesi, sicuramente più “esperti” di me e di altri, si stanno “confrontando” sui media.
1. Tasse sui carburanti?
La scintilla. Ma certo “la rivolta”, in alcuni momenti anche violenta, esprime un malessere e un malcontento ben più ampio e generalizzato rispetto a una semplice reazione a un aumento di tasse sui carburanti (a partire dal 2019, 6,5 centesimi sul gasolio e 2,9 centesimi sulla benzina senza piombo, dopo un aumento di 8 centesimi sul gasolio e 4 centesimi sulla benzina nel 2018, aggiunto all’aumento del prezzo del petrolio: in totale la benzina nel 2018 è aumentata in media di 19 centesimi, mentre il gasolio di 30), parte di un programma pluriennale di aumenti delle accise sui carburanti, in particolare appunto quelle sul gasolio, progettato dal governo francese per un “miglioramento” ecologico e ambientale.
Secondo alcuni studiosi, come nel XVI secolo artigiani e contadini, forti della “riforma” protestante, esprimevano una “reazione” alla fede cattolica tradizionale, in realtà volendo dire di essere “contrari a tutto”, così les gilets jaunes partono col dire che sono contrari a queste nuove tasse, per dire in realtà che sono “contrari a tutto”.
Dove contrari a tutto può significare, in primo luogo, che sono stanchi, e non sopportano più attacchi in primo luogo alla loro dignità. C’è stato un gran numero di proposte e commenti e dichiarazioni che esprimevano un sentimento di umiliazione, che porta a un forte risentimento popolare nei confronti di Macron. «Pour lui, on n’est que de la merde», si è sentito dire da manifestanti e gilets jaunes, in interviste, specie sui media TV.
Questo è un altro aspetto caratterizzante: l’enorme copertura mediatica, e, in molti casi, “benevola”, data alle manifestazioni e alle “ragioni” della protesta; noti giornalisti televisivi erano “sul campo” a intervistare e fare i loro reportages, indossando un gilet jaune. Non per “prudenza” o “protezione”, ma quasi a volersi mostrare dalla loro parte. La dura azione di lotta, e di scioperi, dei ferrovieri della scorsa primavera, ad esempio, non è stata seguita “minuto per minuto” come questa; allora si intervistavano cittadini e utenti arrabbiati dal non potersi spostare, anche per lavoro, per colpa delle proteste e dello sciopero; questa volta nessuna intervista ad automobilisti, che si stavano spostando, anche per lavoro, bloccati… dai blocchi. Anzi, la morte di una manifestante, travolta da un’auto che cercava di forzare il blocco, è stato presentato in tutta la sua drammaticità, in TV, che ha martellato su questa notizia, donna uccisa, ottenendo ovviamente un effetto “solidarietà” nei confronti dei manifestanti tra molti dei circa 62 milioni di francesi.
2. Destra o sinistra?
Il movimento dei gilets jaunes è sicuramente e ostentatamente ostile a sindacati e partiti politici. Anche se del tutto casuale, la scelta del “giallo” (e NON il rosso, chessò!) come colore per identificarsi, non può non far venire in mente, ai più “politicizzati” e informati, e più “vecchi”, la tradizione dei sindacati “gialli”, sindacati sostanzialmente al soldo dei “padroni”. Tuttavia, questo rifiuto di “recupero” politico può anche essere iscritto nella prosecuzione delle lotte che le classi popolari hanno condotto, fin dopo la rivoluzione francese, per difendere una concezione di cittadinanza basata sull’azione diretta. Il voler fare a meno dei cosiddetti corpi intermedi, tuttavia, è esattamente la politica di Macron, che, seguendo in un certo senso il solco che 70 anni fa cominciò a tracciare Charles De Gaulle (per garantire autorevolezza e autorità ai suoi successori, ché lui non ne aveva ovviamente bisogno), ha lavorato, e continua a farlo, per la “distruzione” di questi corpi intermedi, in nome di un dialogo diretto tra presidente e “popolo”. Che poi è quello che anche gran parte dei media, di proprietà di conservatori e ultraricchi, ha interesse a fare: distruggere le strutture e le istituzioni “collettive” e democratiche che le classi popolari sono riuscite a darsi nel corso di questi anni.
Ebbene, senza sindacati, senza partiti, senza “ponti” tra il potere ed i cittadini, se la rabbia popolare cerca di esprimersi ha soltanto un bersaglio: il presidente della Repubblica. A mediare non è rimasto nessuno, i luoghi del conflitto e della partecipazione sono quasi inesistenti, chi vuole lamentarsi non ha più interlocutori, e allora la contestazione è a tutto ciò che Macron rappresenta: i centri urbani, la globalizzazione, l’Europa, le élites, i politici.
A proposito dei politici, tentativi di strumentalizzazione, e/o di “canalizzazione” del movimento, o solo di dialogo e di confronto, da parte di Le Pen, e anche di Mélenchon, di sinistra varia e sindacato, ci sono stati, ma, almeno finora, pur “rallegrandosi” delle difficoltà di Macron, nessuno sembra trarne vantaggio. Un risultato, magari tattico o strumentale, appunto, però, sembra sia stato raggiunto, a sinistra: una mozione comune di censura al governo, presentata, insieme, in Assemblée Nationale, da PCF, PS e France Insoumise. “Nous sommes résolument aux côtés des travailleurs, des retraités assommés par la hausse des prix des carburants, qu’ils portent ou non un Gilet jaune”. Dichiarazione di Fabien Roussel, nuovo segretario nazionale del PCF. Durissimi interventi, in Assemblée Nationale e sulla stampa, di dirigenti e deputati socialisti. Infine, CGT, movimenti studenteschi, hanno appoggiato poi le manifestazioni dei gilets jaunes. “Fâché pas Facho”, uno dei più “riusciti” slogan di CGT, studenti, sinistra che appoggia i gilets jaunes. Incazzati, non fascisti, potremmo tradurre.
La “composizione” diciamo così dei manifestanti, escludendo i violenti, che sembrano essere una piccolissima minoranza, alla quale però quasi nessuno degli altri si oppone, ma guarda con indifferenza, porta a concludere che si tratti una rivolta della classe medio-bassa impoverita che teme di perdere il proprio status sociale ed economico.
Del tutto assenti, ad esempio, i protagonisti delle “rivolte” delle banlieues, gli altri “dimenticati”, i francesi che abitano nella periferia delle grandi città, figli o nipoti di immigrati dal Maghreb, dall’Africa centrale o dal medio oriente (cit.)
Personalmente, però, temo che la intraprendenza, la mancanza di etica, il cinismo e l’opportunismo della destra di Le Pen, possa aver già caratterizzato in malo modo lo spontaneo movimento dei gilets jaunes. L’infiltrazione di violenti, siano black bloc oppure no non importa, non fa che peggiorare dal mio punto di vista la situazione.
Non avere più interlocutori per esprimere il proprio dissenso implica però non riuscire a ottenere dei risultati concreti in un negoziato con il potere.
Con chi negozia il primo ministro francese Edouard Philippe? Chi sono i leader dei gilets jaunes? Quali sono davvero le loro rivendicazioni? C’è chi chiede una riduzione del prezzo del carburante, chi le dimissioni di Macron, chi una riduzione delle tasse sul reddito, chi un aumento delle pensioni minime, chi un aiuto più consistente per cambiare il proprio modo di muoversi, chi infine una giusta tassazione dei più ricchi, siano essi individui o multinazionali. Stando così le cose, la (debole) disponibilità del governo non ha trovato, comunque, nessuno in grado di… discuterla. “Rivoluzionari senza rivoluzione?”, si chiede Le Monde.
In generale però, si può dire che la difficoltà di fondo del governo nasce dalla sua incapacità, per adesso, di trovare una terza via tra le necessità di una transizione ecologica efficace in tempi brevi e la giusta aspettativa degli strati più deboli della popolazione di non sentirsi colpevolizzati.
Ma, più in generale, la grande popolarità di cui gode il movimento è indicativa di un sentimento di sfiducia nei confronti di Macron, che ha mostrato grandi limiti nella sua incapacità di comprendere quello che stava succedendo. Irridere una protesta che gode del supporto di gran parte della popolazione non è stata una grande idea, e ha scavato un ulteriore fossato tra Macron e la società francese. Le incomprensioni cominciano a essere molte, forse troppe. Tuttavia il sistema istituzionale fa sì che il presidente possa riprendersi: non può essere sfiduciato, controlla senza problemi la maggioranza dell’Assemblée Nationale. In questo si può dire che il destino di Macron è nelle mani di Macron, grazie alla costituzione francese.
Ma se l’ambizione del presidente è governare dieci anni, questi grandi cambiamenti non possono essere affrontati a cuor leggero. Per ora una sconfitta di Macron e del macronismo, sostengono in molti, l’aver dovuto fare parziale marcia indietro e “sospendere” per il 2019 gli aumenti delle accise sui carburanti programmati.
La storia ci insegna che qualunque protesta, qualunque lotta popolare, non è mai inutile e vana, anche se “repressa”. Il movimento dei gilets jaunes mette sindacati e partiti di sinistra davanti alle loro, enormi, responsabilità. E, ragionando in termini generali, non solo in Francia, ma in Europa e in tutto il mondo, con tutte le necessarie attenzioni a particolarità e differenze, le forze di sinistra, senza voler “mettere cappelli” su proteste e manifestazioni, devono trovare il modo di adattarsi, per così dire, a nuove realtà di democrazia e di voglia di contare dei cittadini, per fare sì che conflitti sociali di tal genere possano venire ricondotti in un disegno politico complessivo di lotta contro le disuguaglianze e lo sfruttamento, disegno più ampio, più organizzato, più consapevole.
PER APPROFONDIRE:
Gilets jaunes : la récupération politique en… marche?, Sud Ouest, 13 novembre 2018
“Gilets jaunes” : de droite à gauche, les partis plongés dans l’embarras, France 24, 15 novembre 2018
Les gilets jaunes et les «leçons de l’histoire», Gérard Noiriel, 21 novembre 2018
PCF. Le nouveau secrétaire national Fabien Roussel ouvre les bras aux Gilets jaunes, ouest france, 25 novembre 2018
Finkielkraut, Onfray, Michéa :ces intellectuels qui portent le «gilet jaune», Le Figaro, 1 dicembre 2018
Les «gilets jaunes», des révolutionnaires sans révolution?, Le Monde, 2 dicembre 2018
«Gilets jaunes», la gauche unie contre le gouvernement, La Croix, 6 dicembre 2018
«Gilets jaunes»: Mélenchon salue une journée de mobilisation «d’une grande puissance», Le Figaro, 9 dicembre 2018
Lettere di “Marat”, Francesco Maselli, novembre-dicembre 2018