A ben analizzare la Legge di Bilancio, ora in discussione in Parlamento, la cultura sembra destinata alla lenta, ma inesorabile, estinzione: tagli e riduzioni colpiscono indiscriminatamente librerie, case editrici, sale cinematografiche, musei autonomi e il bonus cultura per i diciottenni. Questi provvedimenti dovrebbero permettere al governo di risparmiare un totale pari a 5.590.250 euro a partire dal 2020.
Tutta la serie di pesanti sforbiciate contemplate nell’articolo 59 del testo “Ulteriori misure di riduzione della spesa” lasceranno il segno inequivocabile del ‘governo del cambiamento’ tutto incentrato a spremere la cultura per racimolare pochi spiccioli per dare seguito solamente alle promesse elettorali.
Pertanto, salvo eventuali emendamenti durante l’iter delle Camere le più colpite saranno le piccole librerie, da anni in crisi nera. Per loro è contemplata la riduzione del credito d’imposta a partire dal 2020. All’interno della Bozza della Legge di Bilancio sono previsti anche: 4 milioni in meno per gli esercenti cinematografici, 1,25 milioni per le librerie, 375.000 euro per le case editrici e 2,3 milioni per i musei autonomi. Mentre per il bonus cultura riservato ai diciottenni sono previsti tagli per 20 milioni di euro, giustificando la scelta sulla base di una domanda inferiore alle risorse stanziate.
I tagli vanno a colpire gli esercenti più in difficoltà: i librai già logorati dalla concorrenza delle vendite online e gli esercenti delle sale cinematografiche che sono sempre meno frequentate per via del successo dei film on demand. Inoltre, con la riduzione dei fondi per il bonus cultura (che copriva anche parte delle spese del primo anno di università), molto utilizzato in libreria, si colpiranno sia i giovani che per la seconda volta i librai.
Quasi inutile sottolineare che allontanare i giovani dai luoghi reali è una scelta sbagliata per diversi motivi. Inoltre, a questa tipologia di tagli potrebbero corrispondere sempre più disoccupazione e impoverimento di un sistema da troppo tempo in affanno.
Perché un simile accanimento? Quando, invece, un’oculata politica di investimenti potrebbe dare luogo ad un vero e proprio salto di qualità. In epoca di crisi economica e finanziaria il rilancio dello Stato come novello mecenate sarebbe essenziale. Persiste, invece, la tendenza maturata negli anni dell’egemonia liberista e turbo capitalista: il mercato è tutto e la cultura è una inutile spesa.
L’attuale compagine di governo gialloverde, forse, ignora che un Paese che non privilegia la cultura è un Paese destinato al declino? Probabilmente per i leader impegnati ossessivamente nelle dirette facebook non è di spiccato interesse la diffusione dei saperi. Mentre a primeggiare è la stella polare che detta la rotta verso la dittatura degli algoritmi e il regno dei social.
Oltre all’attacco concentrico alla cultura, in questi giorni, assistiamo a minacce e insulti (comprese liste nere e di preferenza) rivolti dai vertici del Movimento 5 Stelle alla libertà di stampa e ai giornalisti. Ignorando che la libertà di stampa è uno dei principi fondamentali della vita democratica, e che è il governo che viene giudicato dalla libertà di critica. Dall’attuale esecutivo giallo-verde traspare tutta la volontà di allinearsi ad altri governi populisti che hanno applicato forti limitazioni alla libertà di espressione. Senza parallelismi scontati, tutte queste situazioni sembrano la cassa di risonanza per la nascita di una nuova tipologia di autoritarismo, magari anche solo nella sua veste digitale.
Attaccare la cultura significa demolire il futuro. La cultura e la creatività sono sinonimi di unicità e autenticità fondamentali per rilanciare lo sviluppo dell’Italia (che vanta il maggiore patrimonio storico-artistico del mondo) e schiudere un nuovo Illuminismo nella società attuale.