Domeniche gratuite al museo, una proposta: migliorare, non cancellare

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Prima domenica di ottobre in casa Rossi, a Ponte di Brenta, Padova. Giuseppe viene scosso dal torpore post risveglio domenicale da Fiorenza, la moglie. “Forza, andiamo, che i bambini smaniano per uscire”. Si impacchetta in macchina la prole in tutta fretta, e si parte verso Marcon, di nuovo alla volta del centro commerciale. Il Venezia, contro il Siena, dovrà impegnarsi di più del solito per strappare più di un pareggio, pensa Giuseppe pigramente. Sulla strada, la macchina sfila davanti al museo Nazionale di Villa Pisani. C’è fila, gente fuori. Giuseppe ricorda che nel parco della Villa aveva strappato a Fiorenza uno dei primi baci. Bella, Villa Pisani. Il TG diceva che oggi i Musei sono gratis. Vediamo un po’. I bambini nel parco, una passeggiata nella villa. Una domenica migliore.

Bonisoli, ministro dei Beni Culturali, ha dichiarato senza mezzi termini che è sua intenzione abolire le domeniche gratis ai musei, istituite dal suo collega Ministro Franceschini nel 2014. Un’evidente volontà di rottura, che si basa su ragionamenti non scorretti e che nel contempo non tiene conto di alcuni dati di fatto e considerazioni che non si possono ignorare. Il ministro Bonisoli riscontra che quanto realizzato dal ministro Franceschini ha delle falle. Svalutazione della cultura, musei che diventano gironi danteschi perché persone assolutamente non interessate hanno deciso per noia o mancanza di alternative di riversarcisi dentro, gratis (parola magica!). Questi punti deboli sono incontrovertibili.

Però.

I dati mostrano come gli ingressi gratuiti mensili abbiano spinto anche gli ingressi a pagamento infrasettimanali e degli altri weekend. Mostrano anche un’evidente ascesa di interesse verso i nostri enti museali. Si parla di cinque milioni di visitatori in più in tre anni. Il buon senso ci fa pensare anche che invogliare a un’alternativa valida al sempre più totalizzante centro commerciale stile americano sia poco meno di un dovere civico.

Dov’è il punto di riconciliazione?

Penso che fare buona politica non significhi necessariamente disintegrare quanto fatto prima, anche se in maniera non perfetta. Una buona politica dovrebbe essere pronta a cogliere i buoni spunti, che in quanto tali non hanno né devono avere bandiera, e perfezionarli. Sembra una frase fatta, ma l’Italia ha un disperato bisogno che la cultura permei a tutti i livelli. Ostacolare questo intento è metterci in una cattiva posizione. L’iniziativa di Franceschini è stata imperfetta nella realizzazione: proprio per questo la più grande sfida dovrebbe essere quella di perfezionarla, limando via i punti deboli e tenendo i punti forti. Opzioni ce ne sono: potenziare il ruolo delle guide locali competenti, stabilire dei sistemi di prenotazione dove i flussi diventerebbero ingestibili. Aiutare la popolazione a fruire dei beni culturali, proteggendoli nel contempo. Confidiamo in una soluzione più coraggiosa di un colpo di spugna.  Ci vediamo a Villa Pisani.

Gabriele Grosso

Lavoratore millennial, classe 1990. Project Manager e Operations Specialist per Talent Garden. Metà vita a Milano, metà a Napoli, e una spolverata di Veneto. Sempre amato capire come le cose funzionano, dagli atomi alla politica. Fanatico dell’azione, convinto che una sola parola, al posto e nel momento giusto, possa cambiare tutto.