“L’Austria assorbiva le imposte dall’Italia e le versava al di là delle Alpi; considerava il Lombardo-Veneto come il mercato nazionale delle industrie boeme; con un sistema ferreamente protezionista impediva lo sviluppo industriale dei domini italiani. E i lombardi erano allora ritenuti fiacchi e privi di iniziativa, ed era ormai ammesso da tutti che il popolo lombardo era ‘nullo’. (…) Non altrimenti oggi degli sciocconi, camuffati da antropologi, vanno nel Sud, misurano un centinaio di nasi (…) e ne ricavano la inferiorità della razza meridionale di fronte a quella settentrionale”. Correva il 16 luglio 1900 e Gaetano Salvemini scriveva “La questione meridionale e il federalismo” su “Critica sociale”. Colpisce le nostre coscienze l’impetuosa attualità delle sue parole, lette in rapporto all’indirizzo politico intrapreso dal nuovo Governo Lega – M5S sui temi dell’autonomia e del federalismo. Difatti, se si osserva il dibattito delle ultime settimane, a partire dalla stesura del “contratto” attraverso il quale si è sancito l’accordo politico per la nascita dell’esecutivo guidato da Conte, emerge chiaramente che l’orientamento della nuova compagine governativa è fortemente sbilanciato in favore del Nord, a danno del Mezzogiorno.
E ciò è evidente dalla natura politica del “contratto”, in cui prevale lo spirito “leghista” e la sua narrazione culturale. Il Sud viene cancellato e vengono rimosse, in un solo colpo, le grandi problematiche legate alle disparità sociali e economiche tra le aree settentrionali e le aree meridionali che hanno caratterizzano il nostro paese dall’Unità d’Italia in poi.
E se nei 29 capitoli del contratto scompare il Mezzogiorno (non vi è nulla su fondo di coesione, investimenti pubblici, infrastrutture e mobilità, sviluppo economico e innovazione tecnologica) si pone, invece, con assoluta urgenza, il tema della maggiore autonomia fiscale delle regioni settentrionali, in particolare di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. E il tema del federalismo ci riporta al disegno politico della Lega delle origini, quella degli anni ’90, che rivendicava “bossianamente” che “i soldi del Nord devono rimanere al Nord”.
Ciò significa che si romperà così il “vincolo di solidarietà nazionale” e che le regioni più ricche (quelle settentrionali) potranno trattenere nei bilanci maggiori risorse economiche a vantaggio dell’organizzazione e del potenziamento dei propri servizi pubblici regionali. Una scelta politica che destinerà le regioni più povere (quelle meridionali) all’isolamento e alla marginalità economica e sociale.
Ci sarà un’Italia ancor più divisa tra un Nord ricco e un Sud povero, con una “regionalizzazione”, per esempio, dei servizi pubblici. E così avremo i cittadini del Lombardo – Veneto che potranno usufruire di sanità e trasporti più avanzati e efficienti, e i cittadini della Puglia, della Campania, della Basilicata o della Calabria che dovranno accontentarsi di servizi pubblici esclusivamente equiparati alle risorse finanziarie che le loro regioni potranno utilizzare, con un’inevitabile e iniqua disparità.
Si tratta di un “disegno” che minerà la tenuta democratica e costituzionale del nostro paese.
Su questi temi è evidente l’irrilevanza politica del M5S. Infatti, appare fin troppo chiara la sua impalpabilità nella composizione del governo con la nomina di Barbara Lezzi al nuovo Ministero del Sud. Il M5S accetta un ministero inconsistente che, oltre a essere “senza portafoglio”, non ha nessun obiettivo da perseguire, poiché del Mezzogiorno non vi è traccia nel programma sottoscritto col “contratto”. Oggi abbiamo un governo “nordista” e un Sud ingannato, e il M5S, pur risultando il partito largamente più suffragato in tutto il Sud Italia, risulta privo di una qualsiasi capacità di fornire una lettura complessiva di questa terra, con le sue peculiarità e le sue urgenze, con le sue risorse da valorizzare e i nodi storici da sciogliere.
Spetta, ora, alle forze progressiste di riaprire la riflessione sulla “questione meridionale”, e di porre, come tema centrale della propria iniziativa, la costruzione di un movimento politico e culturale di massa capace di contrastare l’attuale deriva leghista. Occorre creare una piattaforma avanzata e democratica che sia in grado di riportare, in chiave chiaramente attuale, la questione del Mezzogiorno all’interno di una più grande questione nazionale.