Sono uscite da qualche giorno le classifiche che piacciono di più ai ricchi: quelle sui personaggi più ricchi, in giro per il mondo. Cioè su loro stessi: i ricchi si specchiano e lo sono sempre di più. La forbice si allarga.
Negli USA – e nel mondo – svetta Jeff Bezos, quello di Amazon, i cui lavoratori – a Piacenza – sono costretti a turni massacranti, senza diritti e con paghe insufficienti. Bezos nel 2017 ha guadagnato 34 miliardi di dollari (circa 29 miliardi di euro). In Italia, lo sapevamo già, uno dei più ricchi è Berlusconi, che si è arricchito anche a spese nostre, non dimentichiamolo mai. L’etere è un bene pubblico e lui ha goduto di un duopolio per 30 anni, escludendo molti altri. Il suo patrimonio quest’anno si stima in 8 miliardi di euro.
Insomma, queste graduatorie esaltano il danaro per il danaro, sono un monumento alla diseguaglianza.
Sì, perché si accompagnano a una riforma fiscale in America, voluta da Trump, che riduce l’aliquota massima dell’imposta sul reddito d’impresa al 21 per cento, mentre un lavoratore sul suo reddito personale potrebbe continuare a pagare più del 30 per cento.
Nel frattempo, in Italia, si vedono ogni giorno gli effetti del Jobs Act.
Una cassiera di un supermercato a Susa, in Piemonte – guardate un po’ – ha preteso di esercitare un suo diritto, non lavorare domenica 31 dicembre. Vuole stare con i figli e con il marito, disoccupato peraltro, perché la ditta per cui lavorava è fallita.
Allora la ditta per ritorsione la spedisce a 100 chilometri da casa, per fare il turno per una settimana in un’altra sede dell’azienda. Che cosa c’entra, chiederete voi? Moltissimo.
Quando il lavoro è deprezzato e privo di dignità, si celebra il capitale e la sua accumulazione. E quando i capitani d’azienda hanno tutto, hanno anche il potere di calpestare i diritti, perfino quando sopravvivono nei contratti collettivi. E lo vediamo anche nelle scelte sulle delocalizzazioni, come nel caso KFLEX, o nel caso Canali.
Del resto, ad Amazon non riusciamo nemmeno a far pagare tutte le tasse che dovrebbe, perché la sua sede formale non è mai in Italia, pur se in Italia fa molto del suo business.
Aggiungeteci che in televisione la storia della cassiera del supermercato di Susa non riesce a sbarcare, perché parla di diritti negati. Invece la classifica dei ricconi è la seconda notizia dei telegiornali.
Ecco dove stanno la sperequazione e l’ingiustizia. E penso che la politica debba saperle riconoscere e denunciare, se ne debba far carico e spingere per un riequilibrio. Invece si fa una gran fanfara – il Pd, specialmente – per quattro spiccioli dati a insegnanti e ricercatori.
La politica deve fare molto di più. Altrimenti non serve a nessuno.