Rispetto all’ipotesi di web tax uscita dal Senato con un gettito fiscale di appena 114 milioni di euro e a partire dal 2019, alla Camera dobbiamo operare delle modifiche sostanziali per applicarla a tutte le transazioni digitali e a partire dal 2018. La web tax deve valere anche quando l’acquirente è una persona fisica e non solo se si tratta di una impresa o della pubblica amministrazione.
Lo dichiara Gianni Melilla, deputato di Articolo uno – Movimento Democratico e Progressista ed esponente di Liberi e Uguali, capogruppo in commissione bilancio a Montecitorio.
Se si applicasse un’imposta del 2% su ogni transazione on line, prosegue Melilla, il gettito sarebbe di un miliardo e 200 milioni di euro. Se invece, come propone il Presidente della commissione Bilancio Boccia, si applicasse una imposta dell’1% il gettito sarebbe di 600 milioni e sempre a partire dal 2018.
L’alternativa alla web tax per le multinazionali digitali è dichiarare una “stabile organizzazione” in Italia che è stata ben definita nel testo approvato al Senato, che su questo punto non va modificato. Naturalmente, sottolinea Melilla, i giganti del web si stanno muovendo e sono stati presentati emendamenti che puntano a cancellare anche quanto ha stabilito, in prima lettura, il Senato. Le multinazionali del web, come fanno da troppi anni, vogliono continuare a non pagare imposte per miliardi di euro rifugiandosi nei paradisi fiscali con la complicità vergognosa dell’Unione Europea.
Ma il tempo è scaduto, conclude il deputato di Mdp, l’Italia può fare da battistrada per un web tax oggi nazionale e domani europea.