Obsolescenza programmata: Ricciatti, al governo il pungolo per “riparare”

Economia

«Non possiamo parlare di consumismo, senza puntare il dito, e quindi porre rimedio, alle storture produttive che fanno sì che tanti oggetti, ormai necessari e in uso nel nostro vivere quotidiano, diventino obsoleti non appena usciti dalla fabbrica che li ha prodotti. Finché possibile, aggiustiamo invece di ricomprare. Ne guadagneranno l’ambiente, e le nostre tasche.» È avvezza come suo solito ad andare sul concreto e a toccare con mano i problemi di tutti, l’onorevole marchigiana di Articolo 1 MDP, Lara Ricciatti, prima firmataria della risoluzione sulla cosiddetta “obsolescenza programmata”, approvata oggi in Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera.

Si scrive “obsolescenza programmata” e si traduce in una precisa strategia commerciale, pianificata dalle fabbriche al momento stesso di ideare il bene da immettere in commercio, per limitare a priori la vita di quel prodotto – e renderlo quindi velocemente obsoleto, non più di moda o non più utilizzabile – sì da farlo presto sostituire da un nuovo acquisto. Una delle tante colonne portanti del sistema economico capitalistico: quella per indurre “artificialmente” la necessità di una domanda continua di beni di consumo, non permettendone ad esempio la riparazione.

«Grazie a questo atto – prosegue l’On.Ricciatti, che in Decima Commissione è capogruppo MDP – il Governo si impegna ad adottare iniziative affinché il produttore assicuri la disponibilità delle parti di ricambio di un bene di consumo per tutti i cinque anni successivi alla sua immissione sul mercato, garantendo che il costo della parte di ricambio sia sempre e comunque proporzionato al prezzo di vendita del bene. E laddove l’accesso e la sostituzione di alcune sue parti, per motivi tecnici o di sicurezza, siano impossibili al consumatore, sarà fatto obbligo al produttore di fornire di questo chiara indicazione in etichetta, informando il compratore prima dell’acquisto. Si valuterà inoltre l’opportunità di avviare verifiche sul funzionamento e sulla durata media dei beni di consumo. Nonché di assumere iniziative per determinare, a seconda delle categorie dei beni di consumo, la percentuale massima per cui un guasto possa risultare accettabile, nel periodo di durata media e secondo il normale utilizzo del bene.»

Sotto il profilo storico e normativo, in tema di obsolescenza programmata è stato ricordato l’accordo Phoebus, stipulato a Ginevra nel 1924, per il controllo della produzione e vendita delle lampadine a incandescenza. Un cartello tra le più importanti case produttrici mondiali del tempo che di fatto riduceva la vita delle lampadine da 2.500 a 1.000 ore, impegnando i progettisti ad idearne di meno efficienti e durature. Mentre tornando all’oggi, in ambito europeo, sono state citate in Commissione le numerose Direttive volte alla tutela di ambiente e salute, nonché ad una corretta ed efficiente gestione dei rifiuti, ad esempio per lo smaltimento di pile e accumulatori, di apparecchiature elettriche ed elettroniche, delle plastiche.

«Le risorse necessarie per sostenere i costi legati all’obsolescenza programmata, stimati in parecchi miliardi di euro l’ anno – conclude la deputata MDP, Lara Ricciatti – potrebbero essere reinvestiti nelle attività legate alla riparazione e al reimpiego dei beni, programmando e incentivando, ad esempio l’apertura di nuove attività dedicate alla manutenzione e al ripristino. Una strada che, quindi, la politica dovrebbe perseguire è proprio quella dell’apertura e del sostegno di scuole tecniche rivolte alla formazione di nuovi artigiani dediti alle riparazioni.»