“I cappellani militari italiani pesano sul Bilancio della Difesa dello Stato per oltre 20 milioni di milioni di euro. Nonostante la Cei intaschi oltre un miliardo di euro ogni anno con l’8 per mille dal fisco italiano, la Chiesa italiana non si fa carico neanche per un euro del costo dei cappellani militari in servizio e in pensione”: lo dichiara in una nota il deputato di Mdp Gianni Melilla.
“I cappellani militari devono garantire l’assistenza spirituale ai militari e sono equiparati ai gradi di capitano, colonnello e generale. Ne sono circa 170, mentre quelli in pensione che godono di vitalizi mediamente di 43 mila euro annui, sono 156. Possono andare in pensione a 63 anni, anche con un servizio minimo di 3 anni. Il cardinale Angelo Bagnasco dal 2003 al 2006 è stato il “capo”dei cappellani militari con il grado di generale di corpo d’armata e percepisce un regolare vitalizio di 4 mila euro mensili. Nel 2015 la Chiesa italiana aveva mostrato finalmente interesse a definire la questione dei cappellani militari attraverso una commissione bilaterale con lo Stato per la definizione di una intesa sullo stato giuridico ed economico ai sensi dell’Atto aggiuntivo del Concordato stipulato nel 1984 e ratificato con la legge 121/1985. A distanza di due anni da quell’annuncio vi è un fitto mistero sulla questione e inoltre col riordino delle carriere militari, i cappellani-ufficiali hanno ottenuto ulteriori aumenti stipendiali. Per questo ho chiesto alla Ministra della Difesa di definire rapidamente la vicenda del trattamento giuridico ed economico dei cappellani militari, dagli stipendi ai vitalizi, superando privilegi del tutto anacronistici”: ha concluso.