(Con questo pezzo, cominciamo un viaggio dentro Articolo 1 per conoscerci un po’ meglio. Salite a bordo, c’è posto. Ch.G.)
Cominciare da lei questo viaggio dentro Articolo 1 ha senso, perché Virginia Volpi*, la sera del 21 aprile 1996 data della vittoria dell’Ulivo, non era ancora nata. Sarebbe venuta al mondo qualche mese dopo e oggi, oltre ad essere iscritta alla facoltà di Scienze Politiche presso l’università di Pisa e ad aver frequentato la Scuola di Politiche fondata da Enrico Letta e intitolata a Nino Andreatta (uno dei fondatori dell’Ulivo), sta vivendo l’esperienza di un semestre in Erasmus a Strasburgo. La nostra conversazione, dunque, prima di toccare le vicende della politica nazionale, non può che partire da qui.
“Se mi si dice centrosinistra – asserisce – immagino una sinistra di governo, capace di raccogliere e di mediare tra le istanze della sinistra più radicale e di quella più moderata, non rinunciando mai, però, ai valori di democrazia, uguaglianza, condivisione e partecipazione e all’innovazione, sia sul piano politico-istituzionale che su quello sociale ed economico, con una ovvia e forte attenzione ai temi di lavoro ed istruzione. Temi, questi ultimi due, che devono essere pensati in chiave europea: formarsi professionalmente e accademicamente anche all’estero è un fattore positivo, da incentivare, ma non deve essere, come oggi, una costrizione data dalla poca disponibilità di lavoro in Italia. E inoltre deve essere uno scambio bilaterale, in entrata e in uscita: io vado a lavorare in Francia, un giovane francese viene a lavorare in Italia. Certo, la Brexit a questo ha dato un duro colpo, ma progetti come l’Erasmus, se ulteriormente promossi, aiuteranno ad arginarla e a dare così ai giovani una consapevolezza europea. Perché no, non ce l’abbiamo. L’Europa ha consentito di scongiurare il pericolo di ulteriori e atroci guerre, ma noi giovani in tempi di pace ci siamo nati e non riusciamo ad apprezzarne la conquista. Avvicinare l’Europa ai giovani è necessario: una dimostrazione di quest’urgenza è proprio il voto della Brexit, i giovani che hanno votato hanno barrato la casella del Remain ma non hanno partecipato a sufficienza a quel referendum cruciale per scongiurare il Leave. Tutto ciò per ribadire che ai valori di democrazia, uguaglianza e partecipazione, va aggiunta una partecipazione europea e dunque promossa l’idea di Europa”.
Questa sincera passione europeista, ulteriormente approfondita grazie all’esperienza della Scuola di Politiche, si coniuga tuttavia con un forte interesse verso le questioni politiche di casa nostra, al punto che, pur trovandosi momentaneamente in Francia, Virginia è entrata a far parte del Comitato direttivo di Articolo Uno a Pisa: una città da sempre cruciale negli equilibri della sinistra e del panorama culturale e accademico italiano.
La sua avventura inizia lì, fra i banchi di scuola: “Ho cominciato realmente a prendere coscienza della politica al liceo, facendo la rappresentante di classe e poi di istituto. Ho proseguito, verso i 16 anni, andando a conferenze di vario genere sull’attualità locale e nazionale e frequentando poi alcuni incontri tematici organizzati a Pisa da Sinistra dem – Campo aperto (l’area culturale e politica vicina a Gianni Cuperlo). Guardavo, ascoltavo e capivo che mi mancava (e mi manca anche ora, ma un po’ meno) un’educazione alla politica e una formazione politica adeguata: digiuna di educazione civica di base, di un’idea di come funzionassero e cosa fossero i partiti, di come si formasse un governo, di cosa fosse lo Stato”.
Crescendo, poi, Virginia ha incontrato Paolo Fontanelli, deputato pisano, ex Pd e tra i promotori di Articolo Uno, il quale, già ai tempi di Sinistra dem, “organizzava in città interessanti dibattiti e iniziative alle quali mi ero avvicinata”.
Un passaggio chiave nel suo percorso, tuttavia, è stato costituito dal referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre, al quale proprio la sua generazione ha votato in blocco NO, respingendo il maldestro tentativo di riforma portato avanti, con una discreta dose di arroganza, dal duo Renzi-Boschi.
“Per quanto mi riguarda – spiega – dato che stavo anche frequentando il corso di Diritto pubblico all’Università, posso dire di aver valutato la proposta di revisione nel merito e di aver votato di conseguenza. Non mi sfugge, però, che una affluenza così forte non sia stata solo un “preserviamo la nostra costituzione”, ma un NO al governo.
La pesante personalizzazione che Renzi ha portato avanti, i “ricatti” del tipo “se non passa vado a casa” hanno creato un brutto clima e la riforma è diventata un pretesto per entrambe le parti: per Matteo Renzi che aveva bisogno di essere riconfermato da un voto popolare, per chi non aspettava altro per provare a mandarlo a casa”.
Dopodiché entra nel merito: “Non penso che la Costituzione italiana sia intoccabile, e credo anzi che abbia bisogno di alcuni aggiornamenti: tuttavia, considerando quanto è costata all’Italia e ai padri costituenti, l’avrei revisionata con un po’ più di calma e oculatezza e, soprattutto, con molta condivisione, per rispettare il suo carattere fondativo. Nel quesito gli obiettivi principali erano l’abolizione del bicameralismo perfetto, la revisione del Titolo V e il contenimento dei costi della politica. Personalmente credo che, se il referendum fosse andato a buon fine, il bicameralismo da paritario sarebbe diventato solo un “bicameralismo confuso”: il Senato, infatti, sarebbe diventato una camera di rappresentanza territoriale, composto da consiglieri regionali e un sindaco per regione, le cui modalità di elezione sarebbero state definite da una legge successiva”.
Infine esercita una buona dose di pensiero critico nei confronti del suo stesso partito, chiedendo maggiore chiarezza e una linea politica più nitida e meglio definita riguardo alle questioni che le stanno più a cuore: “C’è necessità di mettere in primo piano il tema dell’immigrazione. “Gli sbarchi sono diminuiti” si legge: sicuramente vero, non altrettanto sicuramente è positivo. Bisogna capire chi non parte o chi viene bloccato che fine fa, e a leggere i reportage di Domenico Quirico, quel limbo chiamato Libia non sembra poter essere una soluzione umanamente accettabile. Poi c’è il tema dell’eguaglianza sociale, che comprende i temi di istruzione, sanità e tassazione: istruzione e sanità pubblica accessibili a tutti, tassazione non uguale per tutti. Poi c’è l’ambiente, che si tende a dimenticare ma, invece, è la cornice del tutto: serve un piano di sviluppo sostenibile. Poi c’è l’Europa, come detto sopra, che chiude il cerchio e raccoglie tutti i temi elencati”.
“I temi, insomma, sono tanti e bisogna cominciare a metterli nero su bianco”. Quando Virginia tornerà da Strasburgo, mancheranno poche settimane, forse addirittura pochi giorni, al voto. Non possiamo deludere la generazione cui, a breve, saremo chiamati ad affidare il nostro futuro.
*foto di Alessandro Burato