Forse non tutti si sono resi conto che è successa una rivoluzione. Non è stato un voto ordinario, ma un vero e proprio segnale definitivo: cambiate o non fatevi più vedere. Quel popolo che si è messo in fila ai seggi, determinando la vittoria di Elly Schlein, ha voluto chiudere un ciclo politico.
Quello di una sinistra che non fa i conti con le radicali trasformazioni della società italiana, con i processi di impoverimento e marginalizzazione delle giovani generazioni, con l’esplosione delle diseguaglianze che dalla crisi del 2009 ha ridimensionato il ceto medio europeo, indebolito la democrazia, fatto esplodere particolarismi e alimentato fratture.
Un pezzo di popolo ha deciso di impadronirsi del proprio futuro e di tornare a scommettere sulla sinistra ci chiedeva questo.
Il dibattito delle primarie è stato descritto come una resa dei conti tra gli acchiappanuvole e i competenti, tra i radicali e i pragmatici, tra i chiacchieroni e gli amministratori. Non era vero, era una dialettica tra la sinistra del giorno prima e la sinistra del giorno dopo. Quella che aveva visto la frattura con i nostri mondi di riferimento e quella che invece pensava fosse un incidente passeggero.
Ci hanno spiegato che serviva solidità e lo hanno ripetuto come un mantra. E ce lo spiegano ancora oggi dalle colonne di qualche giornale, disarmati da un risultato che qualcuno – non avendo più nemmeno il vocabolario per esprimere il proprio disappunto e la propria sorpresa – liquida addirittura come populista. Un termine che significa poco nel tempo in cui governa Giorgia Meloni, ma non significa davvero nulla quando si parla della sinistra che prova a ridefinire una propria funzione.
Se solidità significa conservare il mondo così come è, magari con qualche aggiustamento, ci sono già altre offerte politiche in circolazione. Persino più credibili. Perché non fanno i conti con quanto successo in questi anni e rivendicano la bontà della terza via, ovvero quella di una sinistra che si limita a intervenire dopo che il mercato ha fatto il suo mestiere. E lo rivendicano.
Ma ormai non c’è un paese in Europa dove la sinistra gioca questa partita, la partita di venti anni fa; persino in quel socialismo europeo in debito di ossigeno, dove su lavoro, clima e diritti emerge una radicalità molto più forte di quanto viene descritta.
Persino negli USA, dove Biden si riappropria della leva pubblica e torna a fare politiche industriali, spesso investendo sulle divisioni europee.
Nessun socialista – nemmeno il più moderato – non vede che l’ecosistema non regge più questa forma di capitalismo. Eppure in Italia in tanti non l’hanno visto e non l’hanno capito. Hanno pensato che serviva qualche toppa e invece dal basso arrivava una domanda di rottura più forte.
In questi anni tanti di noi sono stati impegnati da fuori a provare generosamente a costruire un’ipotesi di sinistra, a mantenere una fiammella accesa, quando forse conveniva assecondare la marea e nessuno – o pochissimi – ti dava credito. Va rivendicata con orgoglio, come ha fatto la stessa Elly Schlein in questi giorni senza paura, questa alterità. Perché ci abbiamo provato e non dobbiamo avere rimpianti.
Oggi c’è un Pd che si rinnova con una leadership che non teme di definirsi di sinistra, ecologista e femminista. E con un popolo che ha scelto di guardare avanti. Noi dobbiamo metterci in sintonia con umiltà e determinazione.
Anche la nostra comunità, quella di Articolo Uno, che ha dato un contributo importante ad alimentare il dibattito per la Costituente e a sostenere la candidatura di Elly è chiamata a scrivere una storia nuova. Perché come abbiamo detto in questi mesi quello che c’è non basta e ce lo ha confermato il voto delle primarie. Va continuata una discussione a sinistra, aperta, inclusiva, senza steccati. Una discussione sull’identità e sulla cultura politica innanzitutto: perché la sinistra torna a vincere soltanto se dice chiaramente da che parte sta e per chi si batte.
Sono orgoglioso di quanto abbiamo fatto in questi anni, delle battaglie che abbiamo perso e di quelle che abbiamo vinto, perché le abbiamo fatte a mani nude e pagando spesso il prezzo dell’isolamento. Da domani siamo di nuovo in cammino, mescolandoci con altre donne e uomini che si sono messe in marcia come noi. In una casa più grande tirando su le nostre bandiere.