Innanzitutto la governance aziendale che nasce da una legge che o ha tradito le aspettative o peggio è stata pensata da chi voleva consegnare la RAI al controllo diretto del governo con fruttuose concessioni alle segreterie di partito ed alle lobbies che spesso le lusingano. È necessario cambiarla per distinguere definitivamente le funzioni di gestione da quelle di controllo che va restituita alla cittadinanza che ha diritto ad un servizio adeguato al pagamento del canone con cui lo finanzia nell’ ottica di garanzia del pluralismo sociale e politico di un paese democratico.
Poi la centralità del prodotto che non può essere condizionato da una mera logica di mercato ne dalla sola gestione industriale. Un piano editoriale, quindi, ed un contratto di servizio che precedano e determinino il piano industriale. Da ciò, la gestione delle risorse economiche e soprattutto la gestione delle risorse umane, quindi un sistema di relazioni industriali rispettoso del lavoro e delle sue rappresentanze incluse, ma con poco, peso, persino nel consiglio di amministrazione. Occorre valorizzare e far crescere nel tempo e con continuità professionalità che realizzino una missione editoriale con la migliore qualità ed utilità nell’ intrattenimento, nell’ approfondimento e nell’ informazione. Non ultimo, l’accesso universale e gratuito a questi contenuti poi va esteso a tutta la filiera del sistema di diffusione tradizionale ed innovativo, broadcast e digitale. Questi i punti da cui riavviare il dibattito sulla RAI!
E invece…
Una pesante riorganizzazione fornita dalla consulenza di una società esterna che nessuno ha comunicato e condiviso col corpo aziendale che vive nell’ ansia.
Nomine editoriali in perfetta linea di continuità con un passato che tutti, per primo al suo arrivo l’ A.D., giurano di aborrire.
Misure di gestione del personale tipiche delle pre-crisi aziendali volte solo al ridimensionamento.
Relazioni industriali drasticamente autoritarie in vacanza contrattuale e in disdetta di accordi siglati.
Tagli lineari ai budget per il prodotto ed alle spese per la crescita e lo sviluppo delle carriere a fronte di nessun taglio alle ingenti cessioni in appalto, agli acquisti di format innecessari o banalmente realizzabili internamente, ai contratti artistici, di collaborazioni e consulenze varie inspiegabilmente esose, al costoso ricatto dei manager delle presunte star e, peggio, professionisti compresi nel mansionario contrattuale.
Una perenne frustrazione che si riversa in una esponenziale crescita del contenzioso che alimenta una spesa ingente per il ricorso a studi legali esterni.
Sentenze di vario grado (ultima la cassazione) che accertano la assenza di documenti di trasparenza nelle carriere.
Ultima polemica, il taglio, irrilevante in questo quadro, l’ edizione notturna del TGR che amputa l’ azienda senza proporre alcuna iniziativa, né sostitutiva né migliorativa, di una specificità unica ed oggetto di contratto di servizio come l’ informazione di prossimità.
Noi che siamo una forza politica che si impegna per lo sviluppo del confronto democratico e civile, per la centralità dei temi del lavoro e delle dovute garanzie…
chiediamo
a tutte le organizzazioni sindacali, alle forze politiche progressiste, ai consiglieri da esse espressi ed al rappresentante dei lavoratori in cda che hanno significativamente espresso voto contrario al budget proposto dall’ A.D., a tutti i democratici,
di avviare un confronto volto a promuovere iniziative comuni per restituire ai cittadini una RAI che sia realmente un servizio realmente pubblico
PIERO LATINO
responsabile nazionale
Politiche del Lavoro
ARTICOLO UNO
LUCA MANCINI
Sezione aziendale RAI
ARTICOLO UNO