In Italia il diritto delle donne all’interruzione volontaria di gravidanza è negato nella maggior parte delle Regioni italiane. L’ultimo caso, segnalato dall’Associazione Coscioni, riguarda l’Ospedale di Ciriè in Piemonte, punto di riferimento sanitario per almeno 100mila persone dalle alte Valli di Lanzo a Venaria, su un numero di nove ginecologi presenti in organico la totalità sono obiettori. Sul territorio italiano risultano esserci varie realtà analoghe, in particolare sono ben 15 i presidi della sanità pubblica che non praticano in assoluto l’interruzione volontaria di gravidanza. Una cosa gravissima su cui abbiamo presentato una interrogazione al Ministro della Salute affinché in tutte le strutture sanitarie presenti sul territorio nazionale sia garantito pienamente ed in sicurezza il diritto di ogni donna all’interruzione volontaria di gravidanza.
Lo affermano i deputati di LeU Maria Flavia Timbro e Federico Fornaro.
La legge 194 rappresenta un giusto equilibrio per risolvere il conflitto tra il diritto individuale del medico all’obiezione di coscienza e il dovere delle strutture sanitarie di assicurare “in ogni caso” la soddisfazione del diritto all’interruzione di gravidanza, proseguono i parlamentari di Liberi e Uguali.
L’alta percentuale di obiezione di coscienza all’interruzione volontaria di gravidanza del personale sanitario e la mancata adozione delle necessarie misure da parte delle competenti autorità nazionali e regionali necessarie a rendere effettiva l’applicazione della legge finiscono per violare gravemente il diritto alla salute delle donne. La disparità nelle possibilità di accedere ai servizi abortivi per le donne e la necessità di spostarsi sul territorio nazionale per interrompere la gravidanza comporta una discriminazione ingiustificata con conseguente violazione del combinato disposto tra diritto alla salute e divieto di discriminazione previsto dall’articolo 11 della Carta Sociale Europea. Le Regioni devono individuare la percentuale di obiettori di coscienza presso le strutture sanitarie regionali e la loro distribuzione, e le Aziende sanitarie locali, nelle zone con una concentrazione di obiettori di coscienza superiore al 50 per cento, devono ricorrere a procedure di mobilità del personale e, se ciò non fosse sufficiente, devono bandire concorsi riservati a medici specialisti che pratichino IVG, concludono Timbro e Fornaro.