Entrando a Botteghe oscure ieri pomeriggio per la presentazione del bel libro “In movimento e in posa. Album dei comunisti italiani” sono stato sorpreso dalla mia reazione. Mi sono emozionato. Tanto.
Erano anni che non mi trovavo fisicamente nella grande sala d’ingresso e l’impressione è stata fortissima.
Sono uno dei pochi privilegiati, tra quelli della mia età, ad avere avuto l’ufficio nella storica sede del partito. Ma non è di me che voglio parlare, voglio invece condividere un ragionamento che è scaturito da questa emozione.
Il ragionamento riguarda lo sciopero generale.
Fino a quel momento ero preoccupato per la situazione nella quale ci troviamo come Articolo Uno: siamo parte del governo contro il quale è stato indetto lo sciopero ed è altrettanto vero che condividiamo le importanti ragioni che sono alla base della mobilitazione ad esempio sul fisco, sulla precarietà del lavoro, sulle pensioni e i discorsi di Landini e di Bombardieri confermano questo giudizio.
Che fare ora? Continueremo a dialogare con i sindacati, a costruire proposte che rispondano ai problemi sollevati e che correggano il segno politico della manovra e delle riforme legate al Pnrr.
Non iniziamo adesso, dopo lo sciopero, è un lavoro che dura da circa due anni e che troppo spesso non ha trovato interlocutori sensibili nelle altre forze politiche.
Una difficoltà che si è acuita dopo la formazione del governo Draghi e l’ingresso di Lega e Forza Italia nella maggioranza.
Abbiamo l’esigenza di dare risposte su due tempi: quello breve e quello medio-lungo.
Nel breve periodo dobbiamo contrastare le mire della destra e di Renzi, mettere in campo il decreto sulle delocalizzazioni e misure che possano migliorare la manovra di bilancio.
Più in prospettiva, invece, è necessario costruire una piattaforma politica e programmatica, condivisa con le forze alternative alla destra nazionalista, che leghi la valorizzazione del lavoro al progresso del Paese: fine della precarietà, formazione permanente, salari e pensioni dignitose, rappresentanza e salario minimo, riduzione dell’orario di lavoro e nuova organizzazione dei tempi di vita.
In sostanza c’è vero progresso democratico e sociale solo se c’è un miglioramento netto delle condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori, se funziona l’ascensore sociale e se ci sono tutele che garantiscano il diritto ad una vita dignitosa per tutti.
Articolo Uno è nato per contribuire a costruire una nuova unità del lavoro come leva per il riscatto sociale, civile e democratico della grande maggioranza dei cittadini a partire dai più deboli perché privi di diritti e di rappresentanza politica e dopo lo sciopero di oggi queste ragioni sono più forti.
Uscendo da Botteghe oscure pensavo a quanto fossi fiero, così giovane, di essere parte di una storia tanto grande e importante. Una storia e una famiglia a cui appartengo, in piccolo, da tre decenni e l’esperienza di Articolo Uno ha rafforzato e rinnovato questa appartenenza.
Dunque altro che imbarazzi davanti allo sciopero generale. Oggi è stata una bella giornata di democrazia e di lotta per i diritti. Un passo nella direzione giusta per chi, come noi, è parte della stessa storia della stessa famiglia.