La pubblicazione dell’attesa sentenza della Corte costituzionale sull’articolo 177 del codice degli appalti è per noi motivo di grande soddisfazione. La Corte ha dichiarato l’incostituzionalità di tale articolo: per noi è una vittoria.
Abbiamo condotto la battaglia per l’abrogazione del 177 assieme alle organizzazioni sindacali e condividiamo con loro questa soddisfazione.
In tutte le sedi, politiche ed istituzionali, abbiamo segnalato l’esigenza di modificare un provvedimento che, in nome di un astratto richiamo alla concorrenza, avrebbe prodotto un danno ad alcune tra le principali imprese del Paese e alle multiutilities pubbliche, miste o private.
L’obbligo per i titolari di concessioni di esternalizzare l’80 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore a 150.000 euro era palesemente irragionevole e non teneva conto della programmazione economica e degli investimenti messi in campo dalle imprese titolari della concessione stessa.
E’ importante sottolineare che si tratta di aziende strategiche sia sul piano internazionale che su quello interno e che hanno contribuito alla crescita economica e sociale del nostro Paese. Speriamo che questa sentenza segni la fine di un atteggiamento sbagliato nei loro confronti e nocivo per la crescita e l’ammodernamento dell’Italia. Un atteggiamento, da parte di alcuni settori politici, che non esitiamo a definire di tipo parassitario.
Abbiamo messo in evidenza un secondo e non meno decisivo aspetto che riguarda l’occupazione e la qualità del lavoro. La frammentazione che sarebbe derivata dall’esternalizzazione di una tale mole di contratti avrebbe ridotto il numero di occupati e avrebbe svilito le condizioni di lavoro di coloro che sarebbero rimasti.
Gli standard contrattuali di queste grandi aziende non sono paragonabili a quelli offerti da imprese molto più piccole e molto meno solide. Ancora una volta le lavoratrici e i lavoratori avrebbero pagato il prezzo dell’applicazione del cosiddetto libero mercato al valore del loro lavoro.
Infine vogliamo rimarcare che la suprema Corte non ha dichiarato incostituzionale il solo articolo 177: a subire la stessa sorte è anche l’articolo 1 della legge delega al governo per l’attuazione delle direttive europee del 2014 n. 23, 24 e 25.
Sono tre importanti direttive sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
In questi giorni le forze politiche cominciano a discutere della delega al governo in materia di mercato e di concorrenza. In quel testo ci sono proposte che di affidamento al mercato dei servizi pubblici locali e dei servizi essenziali che devono essere modificate.
Articolo Uno da oggi sente ancora più forti le ragioni di battaglia politica a difesa dei servizi pubblici essenziali e della valorizzazione dei beni comuni perché condividiamo il richiamo contenuto nella sentenza di oggi “a non oltrepassare i limiti segnati dalla ragionevolezza, imponendo un obbligo generalizzato di affidamento all’esterno con procedura ad evidenza pubblica della gran parte dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni”.
La ragionevolezza dovrà guidare il governo e la maggioranza per spingerli ad approvare un testo equilibrato che protegga il lavoro e tenga adeguatamente conto del valore, per il presente e per il futuro, di alcune tra le ultime grandi imprese, pubbliche e private, presenti in Italia.
Lo ha dichiarato Piero Latino, responsabile nazionale Lavoro di Articolo Uno.