La quarantena dell’8 marzo 2020 introdotta per emergenza sanitaria con DPCM dal Presidente Giuseppe Conte ha messo in contatto mondo del lavoro, aziende e lavoratrici con lo smart-working. Un incontro, possiamo dirlo, fulmineo, forzato dagli eventi, senza gradualità, e senza i tempi per organizzarne i contesti e gli spazi. Un incontro dettato dall’unica esigenza di dare continuità al lavoro.
I numeri parlano sempre una lingua chiara e non opinabile: prima di questa pandemia, quindi solo due mesi fa, erano circa 500mila le lavoratrici e i lavoratori in smart-working, durante l’emergenza sono diventati, nel giro di pochi giorni, 8 milioni.
In questo contesto e con queste modalità, non poteva non soccombere l’altra faccia dello smart-working: la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, soprattutto delle donne. È su questo che ora è giunto il momento di ragionare e intervenire, affinché l’esperienza di queste settimane, indispensabile per la continuità di moltissime attività in una fase critica del nostro Paese, possa diventare nuova forma di lavoro, nel rispetto delle premesse sulle quali è stato pensato e definito dalle normative.
Il lavoro agile è disciplinato dall’art. 18 della L. 22 maggio 2017, n. 81 (Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato)
Obiettivo del legislatore è incrementare la competitività delle aziende e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei lavoratori. Tale modalità lavorativa contempla “forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. La prestazione lavorativa viene svolta in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, per consentire forme di welfare aziendale che agevolino lavoratrici e lavoratori genitori o caregiver impegnati in forme di assistenza parentale, e garantendo parità di trattamento normativo e retributivo degli smart-workers rispetto ai loro colleghi.
Sostenitori da sempre del lavoro agile sono sociologi, sindacalisti e ambientalisti in quanto la destrutturazione del tempo e dello spazio è la nuova, fortunata possibilità che consente di ibridare il lavoro con il tempo libero, lavorando per obiettivi, risparmiando denaro, tempo e spazio, riducendo la micro-conflittualità, l’inquinamento, la congestione e la manutenzione urbana, gli incidenti sul lavoro e nel traffico. Inoltre il rendimento dell’attività intellettuale non dipende né dal tempo, né dal luogo di lavoro.
Monitora il lavoro agile anche l’Osservatorio smart-working della School of Management del Politecnico di Milano, che tramite l’ultima ricerca datata 2019, ha rilevato che i benefici per i lavoratori sono sempre più evidenti anche nella PA, evidenziando che in un anno sono raddoppiati i progetti strutturati di smart-working.
La ricerca mette in luce, inoltre, benefici a titolo professionale e personale. Consentire alla lavoratrice e al lavoratore di svolgere la propria prestazione lavorativa fuori dall’orario e dalla sede standard incrementerebbe la concentrazione, l’efficacia, l’efficienza della prestazione stessa, la produttività e contribuirebbe in maniera più proficua a supportare la spinta innovativa della propria organizzazione, favorendo lo sviluppo delle nuove idee, la partecipazione alla definizione di nuovi processi, nuovi prodotto o nuovi servizi. Lo smart-working riduce, inoltre, lo stress da lavoro e consente di recuperare tempo da dedicare alla propria famiglia, alla propria persona o alla società, favorendo la partecipazione a iniziative di volontariato.
Positivi i riscontri anche sul fronte delle Pubbliche Amministrazioni, essendo stata constatata una migliore conciliazione fra vita privata e professionale (78% del campione), un maggior benessere organizzativo (71%) e l’aumento della produttività e qualità del lavoro (62%). Nonostante questi dati incoraggianti e il fatto che nel 2019 il Lavoro agile sia passato dall’8% al 16%, la ricerca ha però evidenziato da una parte che i progetti di Smart-Working nelle PA coinvolgono mediamente il 12% della popolazione dell’amministrazione e dall’altra che 4 PA su 10 non hanno progetti di Smart-Working e sono incerte (31%) o addirittura disinteressate (7%) rispetto alla sua introduzione.
È stata quindi una necessità impellente ad abbattere, in pochi giorni, reticenze e ‘pigrizie’ culturali che sembravano insormontabili, perché come spesso accade, sono le grandi crisi a dare una spinta in avanti.
La necessità, ora, è quella di mantenere la forza di questa spinta, sviluppandone gli aspetti positivi che toccano contemporaneamente vita privata, collettività, produttività e realizzazione della professionalità.
Viviamo in una delle aree più inquinate al mondo, non possiamo quindi non cogliere l’importante contributo insito nella gestione degli spostamenti, che tocca il duplice obiettivo di diminuire l’incidenza degli infortuni in itinere e di ridurre l’inquinamento da mezzi di trasporto. Sicurezza e ambiente, quindi.
Ma viviamo anche in un Paese che non ha mai visto come priorità potenziare le strutture informatiche delle aziende strategiche e la connettività internet ad alta velocità su territorio nazionale, lasciando alle singole comunità l’onere di trattare con le ditte fornitrici di servizi. Ancora in troppe zone d’Italia manca completamente la possibilità di accesso alle reti ADSL o questa è data a fronte di canoni non sempre sostenibili, lasciando in preda del libero mercato un settore strategico per lo sviluppo e la competitività delle aziende oltre che, come possiamo notare in questo periodo di quarantena forzata, le possibilità di apprendimento dei giovani che dovranno poi crescere e gestire questi nuovi mezzi.
Viviamo anche in un Paese che sconta ancora un enorme gap, culturale e sociale, nella parità di genere. Pur di fronte ad una realtà nella quale sono di più le donne laureate degli uomini, ancora questo non si traduce in parità di salario, di possibilità di carriera.
A questo occorre aggiungere il retaggio culturale, che in Italia pesa più che in altri Paesi Europei, del ruolo della donna all’interno della famiglia, dove la cura resta ancora prevalentemente se non esclusivamente di competenza femminile, con una suddivisione dei ruoli che ha fatto sì che per molte donne lo smart-working di queste settimane diventasse una maratona infinita fra lavoro d’ufficio e lavoro domestico.
Il rischio è quello che, nella fase 2, lo smart-working resti come strumento di ulteriore discriminazione, lasciando le donne a casa a lavorare ed accudire. È questo che va evitato.
Lo smart-working dovrà essere quindi accompagnato da quelle forme di tutela e assistenza pubbliche, che vanno dagli asili alle scuole fino alla gestione di malati, disabili, anziani.
Siamo di fronte a un passaggio decisivo, che definirà la società dei prossimi decenni. All’interno di questa società ci sarà lo smart-working, ma noi chiediamo che ci siano molte altre parole chiave: parità di genere, parità di opportunità, di inclusione attraverso il ruolo pubblico di scuola e socio-sanitario, ad una capillarità territoriale e capacità di servizio che sono state erose da decenni di tagli.
Vogliamo, accanto alla fase 2 del Covid-19, avviare la fase 2 per la vera applicazione delle pari opportunità nel nostro Paese.
Stiamo lavorando ancora su questo percorso, impegnate a portare avanti i valori per i quali morirono tante donne nella Resistenza, perché come dice l’articolo 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Forum Donne – Articolo UNO Veneto
Responsabile Delizia Catrini