In un brutto, molto brutto periodo per la stampa e l’informazione una prima pagina da incorniciare c’è stata ed è quella di Avvenire di ieri: “Lavorare meno, tutti”.
Nel momento in cui il nuovo presidente di Confindustria si arrocca nella difesa esclusiva del profitto e degli interessi di una sola parte del Paese, quando in pochi giorni di riapertura ai numeri dei decessi per il virus si sommano quelli dei lavoratori morti, riportare al centro della discussione e dell’azione politica il lavoro, la sua accessibilità, il come viene svolto, organizzato e retribuito è una necessità irrimandabile.
Il cosiddetto smart working, tanto citato ed evocato nella fase di clausura, ha fatto risaltare il tema dell’utilizzo della tecnologia, del suo essere o meno “amica” della comunità, del suo essere utilizzata solo a vantaggio di pochi oppure davvero strumento di crescita positiva delle condizioni di lavoro e di vita per tutti.
La perdita dell’occupazione per molti a causa della pandemia, lo stato reale di crisi in cui ha gettato interi settori economici e produttivi, l’impossibilità di protrarre per un tempo indefinito le misure assistenziali pongono davvero la questione di rivedere e ripensare i tempi e i ritmi, l’organizzazione e la retribuzione del lavoro ponendo sul tavolo l’urgenza di un salto in avanti per costruire nuovi scenari dove il progresso scientifico e tecnologico sia davvero al servizio dell’insieme dell’umanità, strumento di crescita collettiva e non appannaggio esclusivo di interessi particolari.
L’innestarsi degli effetti del virus su una crisi ormai più che decennale impone la costruzione di nuovi equilibri, mette al centro l’esigenza di redistribuzione del lavoro e il tema della diminuzione di orario a parità di retribuzione non può più essere eluso e non può restare, nonostante fosse comunque già un tema aperto e presente, ai margini, ma deve essere al centro della ricerca delle soluzioni per uscire da una crisi che rischia veramente di far crollare tutto il sistema.
Sono temi che le forze della sinistra, le forze progressiste devono fare propri con coraggio e con forza, rappresentano la vera sfida per il “dopo”, un “dopo” che necessariamente deve cominciare ad essere costruito oggi.