L’offensiva atlantica, i filocinesi e lo spazio di autonomia che servirebbe

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Con le nomine nel gruppo GEDI la voce del nuovo padrone si era sentita forte e chiara; ma, a giudicare da numerosi editoriali e articoli comparsi su quasi tutta la stampa italiana – tra cui l’ultima è la richiesta di chiarimenti del direttore de “la Repubblica” alla Cina sulla base delle accuse fatte da Mike Pompeo, ritenute assurde dal mondo scientifico – questa voce sembra venire non solo da Torino, ma anche da Oltreoceano.

Sono interessanti le coincidenze temporali: da qualche giorno c’è un profluvio di articoli firmati da prestigiosi atlantisti, ai quali hanno peraltro fatto seguito diverse rassicurazioni, da parte perlopiù di esponenti del Partito democratico, di fedeltà alla NATO (come se qualcuno l’avesse mai messo in dubbio). È difficile pensare che sia un caso che tutto ciò si verifichi proprio mentre sono in atto grandi manovre da parte dei vertici finanziari ed economici italiani per logorare il governo di Giuseppe Conte, con il probabile scopo di sostituirlo con un esecutivo di “unità nazionale”, invocato in modo quasi unanime dalla stampa come necessario alla salvezza della patria.

Ma, preso atto della campagna di primavera messa chiaramente in atto dal capitalismo italiano – come testimoniato anche dalle interviste di stampo ottocentesco del nuovo capo di Confindustria -, non si deve mancare di interrogare il piano geopolitico: non è un mistero, infatti, che il partito di maggioranza relativa in Parlamento, lo stesso partito che esprime il Presidente del Consiglio, non dia sempre le rassicurazioni che gli alleati preferirebbero da parte dell’Italia. Insomma, la simpatia del MoVimento 5 Stelle per la Cina potrebbe aver destato qualche preoccupazione.

Allora ecco che, in quest’ottica, il valzer delle nomine di pochi giorni fa inizia a sembrare la preparazione tattica per ottenere un accompagnamento italiano all’offensiva mediatica di stampo atlantista e anticinese che è adesso in pieno svolgimento; offensiva che è logico collegare alla necessità di Donald Trump di rilanciare il suo consenso in un momento di grande difficoltà, con le elezioni che si avvicinano.

Ma, mentre in Italia sembra ancora che il mondo sia diviso in due blocchi, e qualcuno sembra addirittura auspicare una nuova santa alleanza con la Cina nel ruolo di avversario, la SPD, non certo un partito di pericolosi antioccidentali, chiede il ritiro delle testate nucleari statunitensi dal territorio tedesco anche a causa dell’inaffidabilità dell’attuale presidente americano. Non è una presa di posizione da poco, e sarebbe importante che le forze di sinistra italiane non la lasciassero cadere nel vuoto, poiché nel mondo multipolare di oggi sarebbe esiziale confinarsi al ruolo di sentinella di un potere americano che si mostra sempre più autoreferenziale e incapace di guardare oltre le proprie paure.

Non si tratta di essere filocinesi: ciò che è urgente è la costruzione di uno spazio di autonomia dell’Unione Europea che possa farsi agente di mediazione al servizio della pace, per evitare una nuova guerra fredda.

Lorenzo Fattori

Dottore di ricerca in scienze sociali, ha rivestito incarichi nel sindacato studentesco e nella rappresentanza universitaria. Ora è membro della Direzione nazionale di Articolo Uno.