Impossibile in questi giorni di avvio della “fase 2” non tornare sul nodo dell’architettura istituzionale e amministrativa che sta dipingendo il nostro Paese come un puzzle impazzito dove le tessere da far combaciare sembra abbiano bordi non compatibili tra loro.
Le Regioni governate dall’opposizione al Governo per mera speculazione politica mettono in difficoltà i loro cittadini, spargono ansie e confusione normativa, osteggiano tutte le misure prese dall’esecutivo, ritardano l’inoltro delle domande di cassa integrazione straordinaria all’INPS mettendo in seria difficoltà migliaia di famiglie, sfornano ordinanze in contraddizione con quelle dei DPCM mettendo in secondo piano la salute e la sicurezza della cittadinanza e ponendo i Sindaci in una posizione di difficoltà stretti tra le ordinanze governative e quelle regionali.
La “fase 2” è assolutamente più critica e pericolosa del periodo precedente perché adesso riuscire a mettere insieme graduale ripresa delle attività e convivenza con il virus richiede non solo lungimiranza, ma anche assoluta serietà e controllo, regole certe e condivise e non può lasciare spazio a chi approfitta dell’emergenza per farne una personale tribuna, magari di patetico rilancio come il senatore toscano che ha usato i banchi parlamentari al solo scopo di dimostrare che esiste ancora.
Fa bene il Governo a dichiarare che impugnerà le ordinanze regionali che si contrapporranno a quanto emanato in sede centrale perché il decentramento non può essere contrapposizione, ma invece gestione delle realtà locali nell’alveo di una regia complessiva, in sintonia con quanto a livello governativo viene disposto sulla base della stretta collaborazione con le istituzioni sanitarie.
Alle difficoltà e all’emergenze che ci pone la pandemia dobbiamo sommare oggi il fallimento di un decentramento politico e amministrativo che lede con grave pericolo per la comunità l’unitarietà di una Stato che, è bene ricordarlo, è uno stato unitario e non federale.
Cominciamo a non chiamare più “governatori” i Presidenti di Regione che non siamo negli States, e neanche in Germania e soprattutto dato che “niente sarà più come prima” cominciamo a ragionare e a confrontarci su qualcosa di diverso che tenga conto delle esigenze specifiche dei territori, ma che non insista nel disgregare l’unità del Paese, una disgregazione alla quale gioca oggi tutta la destra che comporta solo ostacoli alla battaglia contro il virus
Riflettiamo sul modello di regionalismo che abbiamo costruito e sugli evidenti danni che sta portando in questa emergenza, riflettiamo sullo scempio costruito dalla riforma Delrio per quanto riguarda le province e le città metropolitane.
Questa emergenza, tragica e dolorosa, non può non essere il terreno di ricostruzione di un tessuto istituzionale che contenga gli anticorpi per combattere le fughe impazzite di chi ha a cuore solo la propria speculazione politica con il risultato di rendere ulteriormente ineguali i cittadini del Paese, discriminati a seconda del luogo di nascita e di residenza.
Un ripensamento forte, coraggioso e deciso è assolutamente necessario e non è rinviabile e le forze che vogliono costruire un domani nuovo non possono sottrarsi a questo impegno che richiede una grande radicalità riformatrice, per il bene di tutti.