Nell’incipit del suo bellissimo primo discorso di insediamento da Presidente della Camera, Nilde Iotti ci trasmette la sua emozione per essere la prima donna a ricoprire un ruolo così importante, dichiarando di avvertire in questo un significato profondo che “investe milioni di donne che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione”.
Nilde Iotti è stata “una di loro” ed è orgogliosa di aver “speso tanta parte del suo impegno di lavoro per il loro riscatto, per l’affermazione di una loro pari responsabilità sociale e umana” .
A soli 26 anni nell’Assemblea Costituente, si batte per il principio dell’eguaglianza giuridica di uomini e donne all’interno della famiglia, per la parità di retribuzione, per l’ingresso delle donne nelle alte cariche dello stato e della magistratura. Per un’idea dell’eguaglianza non solo formale ma sostanziale, come prevede l’articolo 3 della nostra Costituzione, la cui formulazione dobbiamo anche alle nostre costituenti, che chiede di rimuovere gli ostacoli che “di fatto” limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, e nel quale l’eguaglianza è declinata “senza distinzione di sesso”.
E dopo, nei lunghi anni di impegno per superare le vecchie leggi in contrasto con la Costituzione, per l’approvazione della legge sul divorzio e del nuovo diritto di famiglia, dobbiamo a lei la battaglia più nitida per norme ispirate al principio dell’emancipazione femminile e ad un’idea della famiglia come centro di affetti e di solidarietà.
Nilde Iotti è stata una protagonista della storia del nostro paese, della battaglia per innovare le istituzioni, per definire le regole della nostra democrazia, per rendere davvero il Parlamento il luogo vivo della sovranità popolare, in grado di rispondere “ai mille e drammatici problemi dell’economia e dei lavoratori, nelle fabbriche e nelle campagne, dei giovani, delle donne, della pubblica amministrazione, della scuola, della magistratura, delle forze armate e delle forze dell’ordine, dei pensionati. Cioè a quel complesso e intricato processo di democrazia e di liberazione, che è segno del nostro tempo e che accompagna l’avanzare dei lavoratori alla direzione dello Stato”.
La sua vita si intreccia inestricabilmente con le lotte per la democrazia e l’emancipazione che hanno attraversato il nostro paese, con le battaglie di modernizzazione che hanno spazzato via assetti giuridici in palese ed evidente contrasto, oltre che con la vita ed il sentire reale, anche con le conquiste della Costituzione. Con la storia di una rivoluzione delle donne nella società, che ha bisogno di un ruolo forte, autorevole e rappresentativo delle donne nelle istituzioni, viste le difficoltà e le resistenze con le quali entra nelle aule parlamentari: la “gestazione” del nuovo diritto di famiglia dura ben 8 anni – la prima proposta di modifica del codice risale al 1967 – durante i quali si susseguono tre legislature e mutamenti politici, economici e sociali di grande rilievo; ci vorranno decenni prima di ottenere riforme come l’ammissione delle donne in magistratura (1963) o la cancellazione del delitto d’onore (1981). L’iter travagliato della legge contro la violenza sessuale dura due decenni: le norme che trasformano la violenza da reato contro la morale a reato contro la persona è del 1996, approvata dopo venti anni di raccolte di firme, manifestazioni, iniziative politiche…
Una grande opera collettiva di cui non va persa la memoria e il senso profondo, perché purtroppo sappiamo bene che i diritti non sono acquisiti per sempre.
Perché quelle che sembrano acquisizioni scontate, soprattutto alle giovani generazioni, sono state, invece, l’esito di lotte.
Oggi ricorrono cento anni dalla nascita di Nilde Iotti: non possiamo celebrare questa ricorrenza come avremmo voluto, con incontri ed iniziative. Lo faremo più avanti, partecipando al lavoro prezioso della Fondazione Iotti e della sua presidente Livia Turco. La vogliamo però ricordare con affetto e non ci dimentichiamo della sua lezione e del suo impegno, perché la cittadinanza femminile, nonostante tanti passi avanti, è ancora incompiuta, incerta e problematica. I tragici numeri sulle violenze e sui femminicidi – che avvengono, per la maggior parte, in seno alle famiglie -, i dati sulla mancanza di occupazione, la precarietà del lavoro, gli ostacoli che incontrano le donne che lavorano o che decidono di diventare madri, la debolezza di tanti aspetti del nostro welfare, ci dicono che oggi più che mai è necessario un grande lavoro riformatore, di progetto, cultura politica e proposta delle donne.