La lettera del ministro Provenzano del 30 marzo al presidente della Conferenza delle Regioni, da valutare attentamente, ci pone davanti molte questioni e merita, pertanto, una riflessione adeguata insieme con una richiesta di chiarimenti rispetto a possibili margini di ambiguità che potrebbe ingenerare: essa contiene la spinta a utilizzare le risorse europee, a definire un piano, ma anche la richiesta di trasferire al Governo parti di queste risorse.
Se non ci fosse questa emergenza bisognerebbe aprire, in Campania e non solo, una rigorosa discussione sul mancato decollo del piano 2014-20 e sui contenuti sui quali impostare la prossima programmazione 2021- 27. Non è questo il momento, ma il tema andrà posto, indagando ragioni e responsabilità.
Adesso, tuttavia, mi preme capire il modo in cui le Regioni del Sud si preparano ad una discussione, già in parte avviata. Servirebbe che i presidenti si coordinassero per definire una proposta utile per il Mezzogiorno e per il Paese, da presentare alla Conferenza Stato Regioni.
Ferma restando la necessità di sostenere gli sforzi fatti a livello nazionale per non lasciare sole le regioni più colpite, abbiamo l’occasione di lavorare, con proposte concrete, per andare oltre il Piano per il Sud elaborato dallo stesso Provenzano; anche facendo leva su questa forzata digitalizzazione abbiamo il dovere di rilanciare il sistema produttivo tutto, nonché di affrontare il nodo della debolezza del sistema sanitario e delle rete di protezione sociale. Del resto se dovesse essere il Sud a ripartire per primo, diventando un punto di riferimento produttivo per il nord e potenzialmente anche per l’Europa, si avrebbe un’occasione irripetibile per stimolare occupazione e produttività facendo, in positivo, assurgere il tema del Sud a questione nazionale. In questo contesto, a maggior ragione, scegliere solo di alzare la voce e andare in ordine sparso rischierebbe di trasformare l’emergenza esclusivamente in una nuova occasione per sottrarre risorse al Sud.
Gli effetti sociali e sull’economia che questa emergenza pone sono di tale rilevanza per cui il tema di un piano straordinario per ripartire assume una portata inedita. La discussione è già aperta a livello mondiale e investe pienamente la credibilità dell’Europa, la forza, la solidarietà e le risorse che impegnerà a sostegno di questa sfida. E, se L’Italia tutta si deve far trovare pronta, ancora di più il Mezzogiorno deve essere all’altezza della radicalità di questa sfida e non sottovalutarne il senso e la portata.
È un passaggio da non banalizzare: significherebbe davvero rilegarci a un ruolo marginale rispetto alla necessaria riorganizzazione che investirà globalmente la società, l’economia, il modo di produrre. La crisi ambientale già ci aveva segnalato l’urgenza di compiere scelte “altre” e quanto crisi sociale e crisi ambientale fossero interconnesse. In questa emergenza inedita, che somma i diversi temi e la cui portata ancora ci sfugge, sono emerse tutte le nostre fragilità, sono state spazzate via le presunzioni di chi pensava che lo sviluppo senza regole non avesse limiti e che l’uomo avesse il controllo di ogni evento. È un diverso domani quello che ci attende, ri-costruirlo richiederà cambiamenti anche alla politica, alle istituzioni e ai modelli di controllo e partecipazione. Il ruolo futuro delle Regioni, delle leadership che si candidano a guidarle, si giocherà molto sulla capacità che avranno di rappresentare queste nuove esigenze. Il Mezzogiorno ha il dovere di presentarsi preparato e unito.
Articolo Uno ha le carte in regola per sollevare questi temi, per le iniziative politiche messe in campo e per il lavoro svolto in Parlamento.