Quanto emerso in questi giorni, con la giusta protesta delle organizzazioni sindacali, dà conto una volta per tutte di quale sia il fine ultimo del celebrato e celeberrimo modello veneto di sanità, e cioè la privatizzazione strisciante della stessa e il definitivo venire meno dell’integrazione socio-sanitaria che costituiva una specificità regionale.
Del resto, il combinato del decremento di posti letto nelle strutture ospedaliere pubbliche e dell’incremento di quelli nelle strutture private, il collocare tendenzialmente i posti letto delle strutture intermedie in poli privati, l’esplosione delle liste d’attesa a causa di strozzature organizzative e il carico di lavoro sempre più opprimente nei confronti di chi lavora nella sanità pubblica regionale hanno due punti destinali: chi può, si rivolge al privato; chi non può, rinuncia a curarsi.
Di fronte a questa evidenza il presidente Zaia reitera la tattica dello struzzo già sperimentata qualche settimana fa con la tragedia di Venezia e le fantastiche affermazioni dell’allora vicepresidente di Galan sul MOSE.
Per prima cosa Zaia si fa commissionare dall’Azienda zero – braccio strumentale della giunta regionale sull’organizzazione socio-sanitaria – uno studio che si incarica di smentire la realtà: in pratica, sarebbe come se Caligola avesse incaricato il suo cavallo di avvalorare la nomina a senatore. In seguito, sui social lo stesso presidente di fronte ai tantissimi che provavano a spiegarli la realtà della situazione, ha chiesto di segnalare a lui stesso i disservizi perché se ne sarebbe occupato personalmente.
E’ questa la tipica reazione di chi, anziché intervenire per risolvere le ragioni strutturali di una realtà ormai incontrovertibile, riduce il tutto alla relazione di dipendenza tra politica e direzioni generali delle ULSS.
Tutto questo accade mentre, per la prima volta da molti anni, a livello nazionale si innescano politiche che provano a fare tornare la sanità pubblica al centro, come l’abolizione del superticket, e l’immissione di risorse aggiuntiva (2 miliardi nel 2020) al fondo sanitario nazionale.
Ma lo struzzo queste cose non può vederle.
Gabriele SCARAMUZZA – Segretario veneto Articolo Uno