Ci sono giornate di pioggia dove sei letteralmente recluso in casa. E dove nemmeno una passeggiata è consentita. E allora vale la pena rifugiarsi nei fondamentali.
Questo testo, Manifesto socialista per il XXI secolo, scritto dal direttore della Rivista trimestrale Jacobin magazine Bhaskar Sunkara (Laterza), fa capire quanto negli Usa quello che fino a qualche anno fa era impronunciabile oggi non lo è più, è uscito dagli scaffali dalle biblioteche ed è tornato a dire la propria nelle piazze e nei conflitti sociali.
La parola socialismo era diventata sinonimo di eversione: un tabù a tutti gli effetti. Eredità del maccartismo, vittima di sconfitte atroci collezionate nel corso del secolo breve. Eppure, nel cuore del paese capitalista più importante del mondo, torna a emergere una cultura critica che è la base teorica delle nuove leadership emergenti nel campo democratico: da Bernie Sanders a Alexandria Ocasio-Cortez. Quelle che stanno facendo tremare l’establishment e terremotando le certezze centriste delle tradizionali leadership democratiche.
Perché spunta proprio dove non dovrebbe spuntare un disegno coerentemente alternativo al capitalismo? Perché attrae milioni di persone nei paesi anglosassoni della terza via e non nella vecchia Europa, dove invece i filoni socialisti e laburisti sono chiaramente in affanno? Come è possibile che la maggioranza dei giovani statunitensi tra i 18 e il 29 reputino il neoliberismo non più il sistema nel quale vale la pena vivere? Perché le diseguaglianze sono diventate insopportabili.
Le rendite si mangiano i salari, le differenze retributive tra chi sta in alto e chi sta in basso diventano sempre più larghe e sfacciate, il pianeta sta esaurendo le proprie risorse vitali a causa di un modello di sviluppo vorace e senza limiti.
Nel libro vengono ripercorsi i successi e i fallimenti dei partiti nati nel gorgo del movimento operaio degli ultimi due secoli.
Vengono scandagliate in maniera semplice ma mai superficiale le dispute dottrinali agli albori della rivoluzione industriale, l’evoluzione organizzativa dei sindacati e dei partiti rivoluzionari, gli errori politici che hanno aperto le porte al fascismo e al nazismo, la burocratizzazione e la sclerotizzazione di un sistema di socialismo reale che si è trasformato in macchina di morte e di oppressione. Non ci sono sconti, non ci sono alibi in questo libro: c’è la ricostruzione lineare di tentativi falliti.
Tuttavia, emerge con forza la consapevolezza di un nucleo di idee – quello di origine marxista – che ancora deve dispiegare fino in fondo il proprio potenziale di movimento di liberazione dallo sfruttamento e di un modello di democrazia radicale che è l’unica vera alternativa alla nuova destra della protezione. Non ho la pretesa di recensire un libro così ampio e ricco di spunti, comprensivo di un manualetto di cose da fare – che l’autore prova a suggerire a chi oggi in questo secolo continua a sentirsi socialista, talvolta con qualche punta di ingenuità e di volontarismo, ma penso che sia una lettura necessaria per chi non vuole rassegnarsi al sistema così come è.
Soprattutto qui, nella vecchia Europa, dove il refrain rassegnato e martellante “there is no alternative” sembra più forte e radicato di chi guida il G7 e dove la sinistra ha arrotolato le proprie bandiere e si è trasformata in una variante perbenista della tecnocrazia? Domande importanti, domande fondative. Eppure il socialismo è giovane, più giovane del suo avversario che oggi sembra imbattibile, debordante, trionfante. Ed essere ottimisti non significa essere fessi: significa semplicemente essere consapevoli che la storia non è finita.