Una delle prime cose che ho imparato, nell’attività politica, è che non bisogna sovrapporre e trattare allo stesso modo risultati di livello diverso: le amministrative sono una cosa, le regionali un’altra, le politiche e le europee altro ancora. Insomma, sulle elezioni regionali in Umbria aveva ragione Giuseppe Conte, anche se non ha usato il modo migliore per esprimere il concetto.
Vale la pena, prima di tentare qualsivoglia analisi, di sottolineare il contesto particolare in cui si è tenuta questa elezione: una campagna elettorale iniziata praticamente all’indomani della formazione del nuovo governo – e già solo questo dovrebbe indicare che il riverbero dell’azione di governo stessa su questa tornata non avrebbe comunque potuto essere determinante – e dopo il triste balletto delle dimissioni, indotte da una pesante inchiesta, della presidente uscente (esponente del PD); inoltre, in Umbria il centrodestra già da anni governa tutti i maggiori comuni, a partire dal capoluogo: insomma, sorprendersi per il risultato maturato è da sciocchi. O da molto furbi…
Detto tutto questo, si può comunque provare, con molta cautela, a trarre un paio di indicazioni di carattere generale utili per il futuro: innanzitutto, il candidato presidente non sembra aver fatto la differenza. O forse l’ha fatta in negativo. Quando c’è una china da risalire, serve qualcuno che incarni un cambio di passo: un ricco imprenditore di simpatie berlusconiane (come ricordato ieri sera su La7) rappresenta ben altro che un cambio. Nessuno dica che “gli elettori non ci hanno capito”: hanno capito benissimo e ci hanno punito allo stesso modo in cui continuano a farlo da tempo, poiché continuiamo a somministrargli lo stesso piatto con un nome diverso, sperando che non si accorgano che gli ingredienti sono cambiati troppo poco.
Non c’è più tempo per esitare: è urgente dare segnali – anche simbolici – che si cambierà strada. Proprio ieri Paolo Gerbaudo, docente presso il King’s College di Londra, ha pubblicato i dati (del 2018, aggregati italiani) sulla propensione al voto per le diverse forze politiche sulla base della classe di appartenenza: la Lega era la prima scelta per la classe più bassa e la seconda per quella operaia, in questo caso dopo il Movimento 5 Stelle; è lecito pensare che nell’anno trascorso la situazione sia addirittura peggiorata.
La sinistra, quella che avrebbe il dovere di rappresentare queste classi, era presa in considerazione solo dalla classe più elevata; in un paese come l’Italia, che negli ultimi anni ha visto la disgregazione del ceto medio e continua a impoverirsi non è affatto un buon segnale per il futuro.
C’è però un altro segnale che non va sottovalutato: quello del centrosinistra umbro si è rivelato, per il Movimento 5 Stelle, un abbraccio mortale. Il Movimento, infatti, ha addirittura dimezzato – in voti assoluti – i suoi consensi rispetto alle europee, forse punito perché alleatosi con chi ha detenuto il potere per gli ultimi cinquant’anni; è da qui, e dalla disastrosa leadership di Di Maio, che possono venire pericolose fibrillazioni per il governo.
Infine, una parola sui vincitori: la Lega ha ormai acquisito l’elettorato di provenienza berlusconiana ma questo, associato al risultato di Fratelli d’Italia, dimostra ancora una volta che i moderati di destra sono una specie molto poco diffusa (presumibilmente in via di estinzione), la cui incisività emerge solo negli editoriali di qualche speranzoso giornale. Il consenso a destra – e non solo – segue chi ha capacità egemonica. Il centrosinistra non può pensare di rilanciarsi inseguendo un elettorato moderato che ha perlopiù già in pancia: bisogna contendere seriamente alla destra l’elettorato popolare, e questo lo si può fare solo aggredendo alla radice la questione sociale.
Può farlo con questo governo? Forse, se si rompono gli indugi e se si riesce a mettere all’angolo i leaderini che cambiano posizione a seconda della convenienza; ma soprattutto servono proposte coraggiose e forti, che intervengano sulle condizioni materiali di esistenza della maggior parte della popolazione italiana. Articolo Uno ha iniziato, faticosamente, a farlo, ma serve accelerare. E bisogna incalzare gli altri attori della maggioranza affinché intraprendano a loro volta questa strada, o il governo Conte II sarà servito solo a spostare di qualche mese il disastro.