Sconfitta dura in Umbria, ora però niente requiem e niente panico

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In Umbria è stata sconfitta pesantissima, dura e senza appello: oltre ogni previsione.

Ci racconta che la destra di Salvini è forte, che ormai non esistono più le regioni rosse e che il disegno riformatore del Governo non si è ancora dispiegato del tutto in tante aree del paese.

In Umbria si paga la stanchezza verso il centrosinistra, dopo oltre cinquant’anni di governo regionale, anticipata già da un ciclo lungo di sconfitte nei principali comuni, da Perugia a Terni, da Todi a Foligno.

La destra amministrava già il 65 per cento dei comuni umbri da molto tempo.

Abbiamo avuto poco più di un mese per amalgamare il patto civico, per far vivere le liste e i simboli, per far conoscere il candidato Presidente Bianconi, che si è confermato anche nella disfatta un galantuomo.

Ma è chiaro che non è bastato: Salvini aveva scavato tantissimo in Umbria, girato piazze e strade, visitato aziende e negozi: di questo passo è arrivato alla prova elettorale con un consenso già consolidato.

Lo scioglimento anticipato del Consiglio regionale ha fatto il resto: la percezione del crollo di un sistema che era diventato potere e clientele e non uguaglianza e diritti, efficienza e buongoverno si era radicata come non mai.

Farei attenzione a dare giudizi immediatamente liquidatori sull’alleanza tra centrosinistra e Cinque stelle: essa ha perso malamente anche perché appariva un matrimonio solo elettorale, costruito per un’occasione emergenziale e senza un solido disegno programmatico e di trasformazione.

E soprattutto sembrava calato dall’alto.

Per questo credo che sbagli chi in queste ore già sta suonando il requiem dell’alleanza di Governo.

L’esecutivo giallorosso non ha nemmeno due mesi di vita, ha appena varato una manovra difficile ma orientata alla redistribuzione dopo anni di tagli e di promesse folli: evitiamo di dare giudizi definitivi a ogni tornante.

I leader della coalizione ci hanno generosamente messo la faccia, come si dice in questi casi, andando a spiegare la legge di bilancio a Narni: sarebbe sbagliato considerarlo un episodio soltanto elettorale.

Occorre invece continuare a incontrare tutte le piazze d’Italia nelle prossime settimane, discutendo con i sindacati, le forze sociali, le associazioni, le comunità civiche.

Se si crede nelle cose che si fanno, bisogna indubbiamente avere il coraggio di correggere laddove è necessario, ma insistere sul terreno delle scelte politiche. Senza subalternità e senza panico.

Abbiamo perso e quando si perde gli elettori hanno sempre ragione.

La coalizione tutta intera ha gli stessi voti della sola Lega di Salvini.

Questo è il problema.

Ma nessuno ci perdonerebbe se alla prima curva andassimo fuori strada perché l’autista ha abbandonato il volante.

Arturo Scotto

Nato a Torre del Greco il 15 maggio 1978, militante e dirigente della Sinistra giovanile e dei Ds dal 1992, non aderisce al Pd e partecipa alla costruzione di Sinistra democratica; eletto la prima volta alla Camera a 27 anni nel 2006 con l'Ulivo, ex capogruppo di Sel alla Camera, cofondatore di Articolo Uno di cui è coordinatore politico nazionale. Laureato in Scienze politiche, ha tre figli.