Libia: Scotto, la missione va sospesa, l’Italia non sia complice

Esteri

In Libia c’è la guerra. Per chi non se ne fosse accorto, basta guardare quanto accaduto stanotte. Quaranta morti in un centro di detenzione per migranti, bombardati dal Generale Haftar. Penso che ormai nessuno creda alla barzelletta della Libia “Porto sicuro”. Tutti tranne Salvini, per puro calcolo elettorale.

Era purtroppo già evidente due anni fa quando il Governo a guida Pd decise a varare la missione a sostegno della Guardia Costiera di Tripoli.  Un tragico errore, lo ribadisco senza se e senza ma.

Allora furono poche, pochissime le voci in dissenso dalle scelte di Marco Minniti. Oggi vedo che c’è un ripensamento, anche nel Pd. Benissimo. Meglio tardi che mai.

La missione si deve sospendere, l’Italia non può essere complice di violazioni palesi dei diritti umani.

In Parlamento non votai la missione. Era l’agosto del 2017. Scrissi questo post con le motivazioni che mi spinsero allora. Ve lo ripropongo. Purtroppo la situazione è peggiorata.

“Ritengo un tragico errore che il Parlamento avalli la Missione di supporto navale in Libia. Il Mediterraneo, ormai già da anni, è tornato ad essere al centro della storia. Lo è stato per millenni, interrotto per un breve periodo da un pendolo che sembrava oscillare verso l’Atlantico e il Pacifico, lo è tornato ad essere negli ultimi tempi, drammaticamente. È questa, di nuovo, la faglia sulla quale l’umanità sta giocando il proprio destino. Tra nord e sud del mondo. Tra guerra e pace. Tra transizione ecologica e sconvolgimenti climatici. Tra migrazioni e resistenze.

È di questa faglia che dovremmo discutere oggi. A me pare, invece, che gli orientamenti e le decisioni assunte dal governo sulla Libia, e il relativo dibattito parlamentare, siano piuttosto condizionati da altre faglie, onestamente di assai minore entità, che riguardano la polemica giornalistica e la campagna elettorale.

Innanzitutto, un incerto contesto di legittimità e di relazioni internazionali, determinato dalla fretta con cui si è reagiti all’iniziativa francese. In un quadro di forte instabilità della Libia, la copertura giuridica che la sostiene risulta fragile, fragilissima. Trae origine dalla lettera del premier Al Serraj del 23 luglio in cui chiede un supporto italiano nelle acque libiche per contenere l’immigrazione clandestina. Lettera che il Parlamento non ha potuto leggere, ad eccezione del Copasir. Quale ragione ha indotto la secretazione della richiesta di aiuto del governo libico? Non se ne comprendono le ragioni, e rappresenta un pericoloso precedente.E quali sono le ragioni che hanno impedito di ricercare il massimo consenso internazionale all’operazione, attraverso il Consiglio Europeo e l’Organizzazione delle nazioni unite? Nessuna risposta credibile.L’assetto politico delle istituzioni libiche non è stabile, figlio di una guerra sbagliatissima nel 2011 che affonda le responsabilità nell’imperialismo straccione di Sarkozy e Cameron.
Errore che ancora oggi paghiamo, con un paese frantumato nella governance e attraversato da divisioni tribali non ricomponibili nell’immediato. Dentro quel pantano giocano in maniera spregiudicata potenze europee e potenze regionali, nonostante il riconoscimento internazionale di Al Serraj.

Temo che neanche l’azione italiana aiuterà a chiarire, forse addirittura contribuirà a peggiorarla. Un atteggiamento più giudizioso avrebbe imposto massima prudenza operativa e la ricerca di una condivisione più complessiva tra le varie realtà politiche-istituzionali libiche. Ma le maggiori perplessità riguardano l’operatività stessa della missione.
Non si comprende quale sarà il destino dei migranti, che siano cosiddetti “migranti economici” o potenziali richiedenti asilo o protezione internazionale, una volta tornati in Libia per via delle attività della Guardia costiera libica. L’Unhcr stessa non ha personale internazionale a terra per evidenti ragioni di sicurezza e dunque non può garantire la effettiva cifra umanitaria della accoglienza dei migranti. Non si comprendono dettagliatamente le regole di ingaggio così come sono state descritte. Non si comprende se il nostro Paese partecipa direttamente ai respingimenti – diretti o indiretti che siano – con quali limiti, in quale perimetro di collaborazione con le autorità libiche. Si tratta di una missione dettata da contingenze di carattere elettorale e da una certa “ansia da prestazione” nei confronti dell’attivismo francese. Il punto per me è questo.

Poi ci sono i simboli, che in politica contano sempre: si vota la missione in Libia, si “rientra” a Tripoli, i corridoi umanitari scompaiono e, nel frattempo, si impone un codice di condotta inaccettabile alle Ong.

Medici Senza Frontiere, premio Nobel per la pace di giorno, organizzazione descritta alla stregua di un manipolo di scafisti di notte.

Le conseguenze saranno pesanti e se ne avvantaggerà la destra che ancora una volta ha vinto sul vocabolario e persino sui contenuti.

Spero di sbagliarmi, ma non condivido e non mi adeguo. E, dunque non la voto”.

 

Lo ha scritto su Facebook Arturo Scotto, coordinatore dell’iniziativa politica di Articolo Uno.