Un vulnus per la nostra democrazia, una serie di attacchi senza precedenti alla nostra Costituzione, l’emergere e lo svilupparsi di una cultura intrisa di sopruso, di legge del più forte e di divisione profonda: ecco quello cui ormai giornalmente assistiamo e che giorno dopo giorno intacca e mina le fondamenta del nostro ordinamento democratico, le ragioni dello stare insieme e di riconoscerci come popolo e come nazione, i principi giuridici, le norme di convivenza.
Siamo di fronte a fatti mai accaduti in oltre settant’anni di Repubblica.
Lo “sdoganamento” delle teorie e delle pratiche fasciste che non è in corso, ma è già ampiamente avvenuto pone le istituzioni e le forze democratiche di fronte a un bivio: subire ancora sino a che l’involuzione antidemocratica abbia definitivamente il sopravvento o resistere, ma non solo, combattere per la difesa della democrazia e dei principi costituzionali sui quali si regge la nostra comunità.
Mai era avvenuto dal dopoguerra che fosse consentito a squadre fasciste di inscenare violente manifestazioni come quelle di queste settimane, mai era avvenuto che si confondesse la libertà di espressione con l’autorizzazione di fatto a propagandare e a mettere in pratica pensiero e azioni sconfitte dalla nostra storia e già subite dal nostro Paese per oltre un ventennio sino alla fine della seconda guerra mondiale.
Mai era avvenuto che un Ministro degli interni propagandasse apertamente slogan e parole d’ordine proprie delle organizzazioni fasciste, mai era avvenuto che violasse sistematicamente la legge, mai era avvenuto che un Ministro degli interni potesse agire come una sorta di plenipotenziario intervenendo su materie che esulano dalla sua competenza, che ordinasse di chiudere i porti finanche alle navi militari italiane, che tenesse comizi “alla Mussolini”.
Attenzione perché è proprio vero che prima vennero a prendere gli zingari, poi gli ebrei, poi i comunisti e poi non rimase nessuno; giorno dopo giorno un disegno voluto e pensato di stravolgimento e cambiamento del sistema democratico avanza e non è più tempo ormai di limitarsi a fare argine, è tempo di lavorare seriamente per smantellarlo e distruggerlo e non è una possibile opzione, è un obbligo politico e morale, finanche etico cui ognuno che abbia a cuore la libertà e i diritti non può più sottrarsi; aspettare, sperare che sbollisca, tergiversare rischia di rappresentare una resa incondizionata, una silente complicità.
La battaglia democratica non è una questione ideologica e non rappresenta una sovrastruttura dell’agire e del sentire democratico, ne è anzi parte vitale e assolutamente indispensabile non solo per la difesa di principi, ma per la salvaguardia dei diritti e delle condizioni di vita quotidiane; abbiamo assistito prima a timide, poi a sempre più ringhiose manifestazioni di violenza e di sopraffazione, di impedimento di libertà garantite dalla nostra carta costituzionale e dei doveri che da essa discendono, poi a vere e proprie azioni squadristiche – perché altro non sono quelle alle quali assistiamo in questi giorni; bene farebbe chi ha ancora dubbi e tentennamenti a leggersi i primi capitoli del volume di Antonio Scurati “M il figlio del secolo” per capire che la matrice delle azioni fasciste odierne è la stessa delle azioni di un secolo fa, per comprendere che l’imbrattamento (per ora) delle sedi dei partiti e delle associazioni democratiche ha la stessa natura dell’incendio della sede dell’Avanti a Milano cent’anni fa e delle successive devastazioni e distruzioni delle Camere del Lavoro e delle Case del Popolo, degli assalti alle canoniche dei parroci, che le squadracce che accoltellavano, malmenavano, uccidevano gli attivisti e i dirigenti democratici, socialisti e liberali sono le stesse di oggi, per capire che in un momento di crisi e di difficoltà per milioni di persone e di famiglie martellare sulla paura dello straniero e del diverso ha la stessa natura del martellare un secolo fa sulla “vittoria mutilata”, per rendersi conto che rotto l’argine saranno sempre più i diritti del lavoro, i diritti di cittadinanza ad essere colpiti, che si tenterà di cancellare, come già avviene in numerosi comuni, ogni forma di assistenza, di welfare, di lavoro per dare a tutti pari opportunità, per capire che oggi come allora sebbene in forme e all’interno di scenari diversi è lotta di classe, è lotta dei ricchi contro i poveri, di chi ha in mano le risorse contro chi possiede solo il proprio lavoro e il proprio sapere.
Il fatto che l’ondata fascista investa tutto il nostro continente non può e non deve essere maschera per attendismi e tentennamenti, anzi deve essere sprone per condurre una battaglia che impedisca che un altro Paese, per di più importante e fondatore della nuova Europa, si aggiunga alla lista dei Paesi che fanno del nazionalismo e della disgregazione continentale l’elemento portante della loro agenda, per impegnarsi a partire dalla prossima scadenza delle elezioni europee del 26 maggio affinché abbiano la meglio le forze democratiche e antifasciste, le forze progressiste e affinché non solo tenga, ma cresca la famiglia socialista europea, per sviluppare nel Paese una coerente e ferma lotta per il ripristino di condizioni democratiche che già oggi cominciano a vacillare e a mancare.
Passo dopo passo, la cultura e la politica fascista avanzano e non si può pensare di contrastarle con un’alzata di spalle o col corrucciare le sopracciglia e neppure con la satira nei social, è necessario sviluppare un’azione di presenza e di dialogo nei territori, tra la gente, per il riaffermarsi di una cultura e di un sentire democratico, per sviluppare programmi di crescita e di giustizia sociale ed economica, per disegnare una percorribile uscita dalla crisi, per restituire al Pese la pienezza della sua identità democratica, per il lavoro e il welfare universale, per la progressività fiscale, per la liberazione dalle mafie e dalla corruzione.
Passo dopo passo il rischio è di trovarsi oltre il punto di non ritorno e senza voler tirare nessuno per la giacchetta è tempo che chi rappresenta l’unità dello Stato faccia sentire chiara e forte la sua voce, senza fare di questa esigenza e di questo appello un alibi perché questa battaglia ci investe e ci obbliga tutti, nessuno escluso.