Giuseppe Saragat, agli inizi degli anni Sessanta, per spiegare cosa avrebbe dovuto essere il nascente centrosinistra (quello da Moro a Nenni) e la sua base sociale parlava di “alleanza tra il ceto medio e il proletariato più avanzato” e al tempo stesso rappresentava il modello socialdemocratico sulla base di due affermazioni molto semplici: “non c’è libertà senza giustizia sociale; non c’è giustizia sociale senza libertà”.
In questi giorni si parla molto dell’opportunità di presentare una lista delle forze politiche che fanno riferimento al partito del socialismo europeo, la più larga e inclusiva possibile, anche e soprattutto a sinistra, in grado di opporsi, sulla base di programmi concreti, alla brutta deriva populista sovranista e, aggiungerei, qualunquista in Italia e in Europa. Per fare questo io credo che l’approdo non possa che essere quello del campo socialdemocratico.
Un campo che certamente è oggi più vasto di quello dei tempi di Saragat Nenni e Moro, essendosi allargato soprattutto a sinistra, dopo la caduta del muro di Berlino e la conseguente evoluzione in direzione
socialdemocratica degli ex Pci. In diversi Congressi segretari del maggior partito della sinistra (D’Alema e Fassino per non parlare di Bersani) non esitarono a riconoscere i meriti di Saragat, dei Brandt di Schmidt e di Palme anche rispetto alla rigida collocazione filosovietica del Pci. Dalla quale peraltro Berlinguer con la sua intervista sull’ombrello atlantico aveva già preso impegnative distanze. Naturalmente un ragionamento analogo si può fare per quanto riguarda larga parte del mondo dei cattolici democratici, in particolare da coloro che provenendo dalla Dc e dal partito popolare, non si sono più ritrovati in quel Ppe nel quale hanno trovato ospitalità e rifugio forze politiche di destra, comprese quelle che fanno riferimento in Italia a Berlusconi e in Ungheria a Orban. Io credo che quel mondo cattolico, come fu decisivo nell’avviare in Italia i primi governi di centrosinistra, è altrettanto importante all’interno del vasto campo socialdemocratico dell’Europa di oggi.
Vedremo proprio in questi giorni se e come prenderà forma questa lista delle forze che si ispirano al Pse. Ogni valutazione mi auguro andrà fatta non sulla grafica di un simbolo, che pure non è particolarmente attraente, ma sui principi e sui programmi (manifesto di Ventotene soprattutto e non più recenti appelli o formulazioni meno coinvolgenti) e sulla capacità di occupare saldamente lo spazio socialdemocratico.
A proposito del quale vorrei aggiungere un ricordo personale. Ero poco più che adolescente e ricordo che una sera Gaetano Arfè (il più attento storico del socialismo italiano, in visita alla rivista meridionalista “Nord e Sud” raccontò a mio padre (si era agli albori del primo centrosinistra) che a Nenni avevano raccontato che in Puglia, subito dopo la Liberazione, un giovane Aldo Moro si era avvicinato ad una sede socialista (poteva essere a Maglie a Bari o altrove) manifestando il suo interesse a una possibile adesione. Precisando però che lui era convintamente cattolico e che a questo non avrebbe mai rinunciato. Non se ne fece nulla, non so se per ultralaicismo dei socialisti pugliesi o altro. Quel che raccontò Arfè è che Nenni, quando la cosa gli fu riferita, definì sciocca la rigidità dei compagni pugliesi. Peraltro Moro fu poi giovane deputato della Dc alla Costituente. Un episodio lontano, al limite della leggenda, ma che a me fa piacere ricordare pur con le dovute cautele, come un buon auspicio per il centrosinistra e per il campo socialdemocratico. In Italia e in Europa.