Sulle pagine dei giornali di questi giorni si trovano molte notizie che riguardano gli insegnanti :
- Matematica senza prof, quattromila cattedre vuote “È crisi delle vocazioni”(la Repubblica)
- Assunzione sprint per 52mila nuovi prof (Il Sole 24 ore)
- Supplenti, 700 mila domande e sito in tilt (Il Messaggero)
- Nuovo contratto, il piatto piange per ora solo 25 euro netti al mese (Italia Oggi)
Solo alcune notizie queste, che potrebbero sembrare anche contradditorie tra di loro, ma che sono invece i segnali chiari e coerenti che qualcosa non va nel settore dell’istruzione.
Il mestiere dell’insegnante ha perso totalmente di attrattiva e rilevarlo è un recente rapporto Pisa in Focus dell’Ocse. I numeri sono sconsolanti: solo il 5 per cento degli studenti vorrebbe fare il prof, ma se questa è la media Ocse, l’Italia sta quasi in fondo alla classifica: da noi solo un quindicenne su 100 subisce il fascino della divisa da prof (1,1 per cento) e sono quasi solo donne (nei maschi la percentuale scende allo 0,3 per cento: cioè solo 3 ragazzi su mille vorrebbero insegnare da grandi). Se l’attrattiva in Italia è così bassa è sicuramente a causa del fatto che gli insegnanti sono pagati troppo poco rispetto ad altre professioni ma non c’è solo questo. Se da una parte le ore dedicate all’insegnamento sono rimaste uguali, dall’altra si è avuto il moltiplicarsi dei compiti amministrativi, dei corsi di formazione interna continua, spesso di bassa qualità e inutili, delle attività con i genitori e con gli altri docenti. Tutte le riforme scolastiche avviate hanno solo oberato di lavoro gli insegnanti della scuola pubblica. La burocratizzazione della professione ha ridotto il tempo che i docenti possono dedicare a ciò che piace loro: l’insegnamento.
Contemporaneamente le condizioni per accedere alla professione sono diventate più dure e più incerte nelle modalità e nei tempi. In giro di pochi anni prima c’erano le SISS (scuole di specializzazione universitarie), poi i TFA (corsi per le abilitazioni) unitamente alle graduatorie ad esaurimento (GAE), ancora stracolme di insegnanti abilitati bloccati. Ora la nuova riforma prevede concorsi e tirocini a scuola: nuove modalità ancora non avviate che creano incertezza e diffidenza. Ma allora, ci si potrebbe chiedere, come mai la carica dei 700 mila per fare supplenze? Questo dato è ancora più preoccupante; oltre a quei precari che sono anni che insegnano e che quindi hanno aggiornato con titoli e servizi la loro professione, quest’anno, più che in altri periodi, si sono inseriti nelle graduatorie per insegnare come supplenti persone che non avrebbero mai pensato di fare questa professione, ma che per mancanza di un lavoro anche a seguito di licenziamento hanno visto una opportunità; alcuni non hanno formazione, neppure conoscenza delle elementari regole della professione… ma ci provano! D’altronde, come criticarli se le occasioni di lavoro che vorrebbero e sulle quali magari hanno competenze specifiche non ci sono e non si creano?
In questo quadro i laureati in matematica e in materie scientifiche, che sono numericamente di meno di quelli delle facoltà umanistiche, hanno sicuramente maggiori possibilità lavorative generali; alcuni dati comunicano che tra i laureati del settore, matematica inclusa, si registra un tasso di occupazione del 77,5% a 12 mesi dalla fine degli studi. I neodottori nella disciplina sono ricercati anche in ambiti che hanno a poco che spartire con i vecchi stereotipi: banche, assicurazioni, società di consulenza. La formazione scientifica è ricercatissima nel ramo finanziario, non tanto in Italia ma sicuramente all’estero con prospettive di stipendi che un insegnante neppure si sogna. Infatti la denuncia di mancanza di insegnanti di matematica non è in tutte le regioni, è inversamente proporzionale alla possibilità di trovare altro lavoro più gratificante e remunerato; e quindi mancano al nord e ce ne sono tantissimi al sud incastrati nelle famigerate GAE.
E’ un sistema sicuramente da rivedere complessivamente ma c’è ora una seria occasione per dare un concreto cambio di rotta dopo anni di denigrazioni e delegittimazione del ruolo e della professione docente, quella di fare un contratto che riporti in primo piano un’idea di scuola inclusiva e democratica, che restituisca valore e dignità a una professione fondamentale per lo sviluppo del Paese con l’impegno e con la consapevolezza di tutti che il migliore investimento che possiamo fare è quello in Conoscenza. Se si comincerà a far questo forse scegliere di fare l’insegnante tornerà a essere un privilegio come lo fu per me che da giovane laureata in Matematica rinunciai ad un posto in IBM per fare l’insegnante, scelta che nonostante tutto reputo una tra le migliori che io abbia fatto.