“Come andarsene di casa”: viaggio tra i giovani che hanno lasciato il Pd

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Ciò di cui le cronache giornalistiche tendono a non dare conto è il fatto che i veri protagonisti di questa nuova stagione della sinistra mondiale siano proprio i giovani. I ragazzi che hanno spinto Sanders negli Stati Uniti, le folle di ventenni che gremiscono i comizi del laburista vecchio stampo Corbyn, i ragazzi di Mélenchon in Francia, i precari e gli studenti universitari di Podemos e della Syriza di Tsipras e, per quanto riguarda l’Italia, l’80 e passa per cento di ventenni che hanno detto NO al referendum costituzionale renziano e si sentono lontani anni luce da tutto ciò che il renzismo rappresenta. Stesso discorso per il segretario del Pd, il quale sembra non aver ancora capito che sulle nuove generazioni, straziate dalla crisi e spesso costrette a fuggire all’estero per veder riconosciuto il proprio valore, il suo messaggio pseudo-nuovista e la sua vis rottamatoria non sortiscono alcun effetto; anzi, sortiscono l’effetto opposto a quello da lui auspicato.

Per questo siamo andati alla scoperta dei ventenni che stanno aderendo ad Articolo Uno, con il loro bagaglio di sogni e di speranze, di passione e di entusiasmo, di ingenuità e di voglia di costruire il centrosinistra che verrà, dopo anni trascorsi in piazza contro le riforme Gelmini e Giannini, a battersi in favore dell’acqua pubblica, contro il nucleare e il legittimo impedimento e a manifestare contro un esecutivo che sui temi sociali ha attuato pienamente il programma di Berlusconi (e adesso lo rivendica senza pudore). Prendiamo ad esempio Alberto Colucci, venticinquenne della provincia di Lecce (una delle poche città in cui il centrosinistra ha vinto alle recenti Amministrative), il quale ha abbandonato il Pd insieme a un centinaio di altri dirigenti e ci tiene a ribadire che “a Lecce il centrosinistra ha ottenuto un buon risultato ma occhio ad adagiarci sugli allori”, aggiungendo, con maturità, “che si è trattato di un lavoro comune fra chi ha scelto di rimanere nel Pd e chi come me ha scelto, invece, di uscirne”. Ancora più netto è il suo giudizio per quanto concerne il quadro politico nazionale, “in quanto l’elettorato ha inviato un messaggio molto chiaro: la nostra gente non ne può più delle politiche portate avanti dal Partito democratico, checché ne dicano i suoi dirigenti. Il dato è innegabile: le persone votano per chiunque tranne che per loro”. Le tre parole d’ordine di Alberto sono: passione, coraggio e speranza. “Passione” perché “la politica è passione, è un’arte che va affinata quotidianamente. Non possiamo lasciare il campo all’approssimazione dei 5 Stelle o alla destra”. “Coraggio” perché ha avuto “il coraggio di una scelta”, visto che “la mia generazione è cresciuta nel Pd e andarsene è stato come andar via di casa per la prima volta, con mille domande e altrettante incognite”. “Speranza”, ossia il sentimento “che ci deve accomunare” nella costruzione di “un’alternativa adeguata per vivere in un Paese migliore”.

Il modenese Filippo Calcagno, a sua volta uscito dal Pd dopo un lungo percorso di riflessione, si sofferma invece sulla lunga diaspora che sta colpendo la sua regione: “La sconfitta, anche in Emilia Romagna, è stata netta, evidente, indiscutibile. Sussistono, come sempre, dinamiche locali, differenze, ma il dato che emerge lampante è quello relativo a un’affluenza molto bassa, dunque allarmante, come dicemmo già nel 2014 in seguito a delle Regionali in cui il centrosinistra vinse, sì, ma con una partecipazione non all’altezza della nostra storia e della nostra tradizione”.  Dopodiché si sofferma sulle sfide da affrontare nei prossimi mesi e sulla missione di Articolo Uno: “Da Articolo Uno mi aspetto, innanzitutto, che lavori per la ricostruzione di un campo di centrosinistra con valori e princìpi molto forti ma che, soprattutto, voglia costruire un progetto coraggioso e corale, in grado di mettere in discussione un sistema economico che ormai non funziona più. Noi non dobbiamo gestire nel migliore dei modi l’esistente ma progettare un altro modello di società, coltivando naturalmente l’ambizione di governare il Paese. Scuola, lavoro, ambiente e diritti devono tornare a essere delle priorità, anche perché è qui che si è rotto il rapporto con la nostra gente e questa rappresentanza concreta va ricostruita”.

Ancor più eclatante l’ondata di addii di cui ci ha portato a conoscenza il reggino Alex Tripodi: “In circa trecento giovani, qui a Reggio Calabria, abbiamo scelto di abbandonare il Partito democratico perché non ci siamo sentiti più a casa: Jobs Act, Buona Scuola, Sblocca Italia, referendum costituzionale e altri capisaldi del renzismo sono in antitesi con i nostri ideali, i nostri valori e la nostra necessità di tornare a guardare il mondo con gli occhi dei più deboli”. “Da Articolo Uno – aggiunge – ci aspettiamo la ricostruzione di un centrosinistra identitario, autentico e immerso nei problemi quotidiani delle persone, fornendo quelle risposte che il popolo di centrosinistra, in questi anni, non ha ricevuto: scuola e sanità pubblica, progressività fiscale, riconversione ecologica e l’Articolo 1 della Costituzione al centro del nostro agire”. L’ultimo pensiero di Alex è rivolto alla battaglia vinta lo scorso 4 dicembre: “Mi auguro che tanti giovani diano forza a questo progetto in nome dei diritti, dell’equità e della giustizia sociale, cominciando dal principio imprescindibile dell’attuazione della Costituzione anziché dal suo stravolgimento”.

Tre ventenni, tre simboli di una generazione che sta tornando a mobilitarsi e che abbiamo il dovere di coinvolgere. Storie, volti, passioni e ideali di un centrosinistra che sabato, in piazza Santi Apostoli, è tornato a essere una comunità e si è rimesso in cammino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Roberto Bertoni

Nato a Roma il 24 marzo 1990. Giornalista free lance, scrittore e poeta. Militante del Pd fin dalla fondazione, lo ha abbandonato nel 2014 in dissenso con la riforma costituzionale e con l'impianto complessivo del renzismo. Non se ne è mai pentito.