Geloni: lezioni emiliane. Essere coraggiosi, umili, pronti al contropiede

Chiara Geloni, Il Foglio

Cogliere le occasioni. Ormai lo abbiamo capito: a Salvini scappa il piede sulla frizione. Ha sbagliato i tempi e i modi della crisi di governo, ha sbagliato la candidata in Emilia Romagna, ha sbagliato al Pilastro e a Bibbiano. Sbaglierà ancora. Quindi, sì essere pronti al contropiede: se l’avversario perde palla, attraversare tutto il campo a testa bassa e involarsi in rete. No passare mesi a piagnucolare su come è brutto e cattivo il governo che ti ha salvato dai pieni poteri e da Salvini premier in luna di miele che passeggia sulle rovine dell’Emilia, e poi della Toscana, della Puglia eccetera. Modello: Franceschini. Essere coraggiosi. Aprirsi anche meno, spalancarsi con moderazione. La risposta alla destra non è “aprirsi ai non iscritti” (ancora?) ma riuscire a dire finalmente chi sei, a chiedere conto di ciò che loro non sono. Non “fare presidente una donna”, ma “essere” una donna. Una proposta chiara e senza complessi sull’immigrazione, è urgente, che consenta non solo di correggere quello che hanno fatto (i decreti sicurezza) ma di chiedere conto di ciò che non hanno fatto. E magari, visto che la sinistra è al governo, farlo lei. Modello: Elly Schlein.

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Speranza: primi in Europa a fermare i voli dalla Cina, attenzione alta

Monica Guerzoni, Il Corriere della Sera

L’Italia è un grande e forte Paese, non deve avere paura. Abbiamo il più alto livello di attenzione e prevenzione in Europa. Non è il momento di dividersi tra maggioranza e opposizione, per vincere la sfida bisogna stare uniti. Non ci sono luoghi pericolosi in Italia. Bisogna evitare fake news e inutili allarmismi. Evitare la diffusione del contagio è l’aiuto più concreto che possiamo dare alla Cina per uscire rapidamente da una situazione di emergenza.

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Bernabucci: gentilezza e altre virtù. La sinistra dopo l’Emilia Romagna

Claudio Bernabucci, Huffington Post

Nonostante le lucide riflessioni di autorevoli esponenti della sinistra che si ripropongono di incalzare Nicola Zingaretti nel suo tentativo di dar vita ad un “partito nuovo”, trapela evidente in alcuni settori del Partito democratico una certa propensione a sopravvalutare il significato del successo in Emilia Romagna; con l’affiorare, conseguentemente, di vecchi atteggiamenti supponenti, tatticismi controproducenti e, in ultima analisi, del sotterraneo tentativo di annacquare l’imminente Congresso rispetto alle coraggiose premesse sbandierate dal segretario. Un aspetto della crisi del PD assai poco affrontato nelle analisi esterne o nelle riflessioni interne è quello relativo alle dimensioni etica e spirituale. La rottura di sintonia in tali ambiti tra il partito storico della sinistra ed il suo elettorato di riferimento ha provocato delle lacerazioni profondissime – che ancora perdurano, molto diffuse nel paese – non meno sconvolgenti rispetto ad errori di linea politica ed economica veri e propri. Potrà mai bastare una sia pur radicale correzione di linea politica per recuperare la sintonia con coloro che si sono sentiti traditi nello “spirito”? O per caso occorre anche tornare a riattivare fortemente il nesso tra etica e politica per sanare così profonde ferite?

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D’Alema: il Pd non può fare tutto da solo, per vincere ha bisogno del M5S

Fabrizio D’Esposito, Il Fatto quotidiano

Nel centrosinistra c’è chi pensa che i voti del M5S in crisi possano essere assorbiti dal Pd, da un lato, e dalla Lega dall’altro. Ma io non credo realizzabile questa ipotesi, basata su una visione troppo semplicistica della realtà. L’Emilia-Romagna non è l’Italia, diciamo. Il Pd da solo contro tutti farebbe nascere solamente un bipolarismo zoppo. Non sarebbe un fatto positivo la scomparsa dei 5stelle. Ma dalla crisi possono uscire soltanto attraverso una coraggiosa operazione culturale e politica. Io sono fiducioso nella possibilità di rifondare il campo progressista e guardo con interesse al dibattito in corso sulla proposta di Zingaretti sul partito nuovo. È di ieri il contributo importante di Roberto Speranza che condivido. Ma c’è un pezzo di popolo – soprattutto nel Mezzogiorno – che ha trovato nei 5Stelle la risposta al suo disagio e alla sua volontà di cambiare. Se il Movimento cade, questa spinta rischia di spegnersi.

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Speranza: diamo un tetto al nostro popolo, l’Italia non è l’Emilia

Roberto Speranza, Huffington Post

Il “campanello” della nostra politica nazionale ha squillato nuovamente forte e chiaro in Emilia Romagna. Il 23 novembre del 2014, da quella stessa terra che domenica ci ha regalato una vittoria straordinaria, risuonò un clamoroso “grido di dolore”. Nell’epicentro della sinistra riformista italiana, infatti, andò a votare, per il rinnovo del consiglio regionale, solo il 37,67% degli elettori. Quell’avviso di burrasca, che si sommava a tanti altri, venne ignorato e il 4 marzo del 2018 fummo, tutti, travolti dalla tempesta di un doloroso disastro elettorale. Quarantott’ore ore fa è avvenuto esattamente il contrario. Ci sono, a mio avviso, almeno tre indicazioni molto chiare che vengono dal voto di domenica. Non è sufficiente rimettere insieme le forze attualmente esistenti, serve un’idea complessiva di cambiamento della società. In altre parole, serve una nuova identità, ancor prima di un nuovo nome, di un nuovo simbolo e di nuovi gruppi dirigenti.

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Bersani: sinistra, adesso umiltà. Guai a crogiolarsi dopo le regionali

Pietro Visconti, Libertà

Dopo la vittoria in Emilia Romagna subito tanta umiltà per una “sinistra dei tempi nuovi”. E ricordiamoci che la destra è ancora forte ovunque. Salvini è stato sconfitto dal buon governo e dall’onda dei valori democratico costituzionali. Un messaggio di uno dell’altro campo mi ha detto che il vento girava: ‘Adess l’è tropp’. Si riferiva alle mosse esagerate del capo della Lega. In molte zone, come qui a Piacenza o in Calabria, la sinistra deve comunque riconoscersi minoranza. Ed essere amichevole con quel gran pezzo di popolo che non siamo riusciti a convincere. Questo risultato è l’occasione per alzarci in piedi e mettere in moto un processo. Quei valori vincenti ci sono dappertutto in Italia, ma hanno bisogno di un aggancio programmatico e politico, di gambe per camminare. Oggi questo strumento non c’è.

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D’Alema: Salvini pericoloso, mi suscita il bisogno di tornare a combattere

Maurizio Ribechini, blastingnews.com

Il problema della sinistra è che ha seguito la moda. Spesso ha puntato solo sulla cultura delle opportunità, che però parla solo a una parte minoritaria della società, che vive nelle aree urbane e si concentra nella parte più colta della popolazione. Questa parte vota per il centrosinistra. Poi c’è una parte della società che vive i cambiamenti come qualcosa che genera paura e che chiede protezione: questa parte di popolazione ha abbandonato la sinistra. C’è un mondo di sotto che noi non percepiamo neanche più e che scopriamo solo alle elezioni. Salvini ha introdotto nel Paese un clima di intolleranza e violenza. Nel suo anno al Governo sono sbarcate appena 5.000 persone, eppure per ogni nave che arrivava ha imposto sofferenze inutili, per creare tensione nel Paese e la percezione falsa che siamo invasi. Ha creato un clima di violenza contro gli immigrati in molte città. L’idea che un soggetto di questo tipo possa diventare capo di questo Paese, suscita in me un certo ribrezzo e il bisogno di tornare a combattere.

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Errani: le idee della Lega sono pericolose, ma qui l’odio non attecchirà

Alessandro Di Matteo, La Stampa

Tira un vento di destra, negativo, pericoloso. È chiaro che questo ha un impatto anche sull’Emilia Romagna. Ma io sono positivo perché questa terra ha raggiunto grandi risultati non per una ragione ideologica, ma perché la sua comunità ha saputo affrontare insieme le difficoltà, darsi valori di solidarietà e coesione. Per questo abbiamo creato la lista “Emilia Romagna coraggiosa”. La destra investe sulla paura. La paura di vedersi mettere in discussione ciò che si è ottenuto. L’opposto di quello che ci ha permesso di ottenere tanti risultati qui: la capacità di lavorare insieme

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Scotto: Salvini usa di nuovo storia e geografia a fini elettorali

Arturo Scotto, Huffington Post

Matteo Salvini – nell’enfasi di ripulirsi dalle scorie del passato – dichiara che con lui premier l’Italia riconoscerà Gerusalemme capitale di Israele. Una scelta pericolosa e contraria alla linea europea di due popoli due stati. Una opzione che non aiuta nemmeno chi in Israele lavora da anni per la pace. Aggiunge anche che l’antisemitismo in Italia e in Europa è di matrice islamica. Per la verità la squadraccia che ha aggredito me, la mia famiglia e due ragazzi a capodanno a Venezia era italianissima! Magari – le indagini lo scopriranno – era composta perfino da ragazzi che frequentavano alcune formazioni politiche che più di una volta hanno sfilato nei cortei organizzati dalla Lega.

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