Bersani: questa angoscia sia di lezione. Ora aiuti veri ai nostri sanitari

Marcello Pollastri, Libertà di Piacenza

Tutto il mondo ci sta copiando, poi è vero ci saranno anche stati errori, ma come avviene davanti alle cose sconosciute siamo andati per aggiustamenti successivi e abbiamo fatto bene. È la sanità di territorio la vera arma contro il coronavirus. È evidente che in dieci anni c’è stata una riduzione sul Pil nella sanità delle regioni, oltre alla storia dei numeri chiusi per i medici. È evidente che si paga qualcosa dei dieci anni pregressi, ma c’è stato un andamento anche per approssimazione che ci ha permesso di restare in piedi nonostante tutto. Il sistema ha i nervi a fior di pelle e nei prossimi giorni abbiamo un problema che si chiama tenuta. Per affrontare la situazione dobbiamo occuparci di tre questioni e la prima riguarda gli operatori sanitari, medici e infermieri. Certo che sono eroi, ma servono loro gli strumenti. Se teniamo ferma la linea – operatori, famiglie, imprese, credito – noi possiamo affrontare questa emergenza non dico con tranquillità ma senza nervosismi eccessivi. E questo significa mettere in quarantena la politica. Ci manca solo che qualcuno pensi che sia l’occasione per destabilizzare il governo…

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Guerra: l’Europa risponda con strumenti inediti a una crisi inedita

Maria Cecilia Guerra, Huffington Post

La crisi economica e sociale che accompagna e seguirà, per un periodo la cui durata è ancora difficile da definire, la tragedia del Coronavirus è assolutamente inedita per le sue caratteristiche e per le sue proporzioni. Né a livello nazionale, né a livello europeo (e neppure a livello mondiale) si può pensare di rispondere coi soli strumenti tradizionali, pur fondamentali, come sono gli ammortizzatori sociali, e tanto meno con il mero riconoscimento di spazi di flessibilità, e deroghe temporanee al Patto di stabilità. L’impegno per l’Italia, così come per ogni stato colpito dal Coronavirus, è attrezzarsi perché dopo che la tempesta sarà passata si possa ripartire, senza perdere posti di lavoro per la riduzione della base produttiva. È giusto guardare con soddisfazione al mutato atteggiamento della Bce, che ha messo in campo un’importante potenza di fuoco, che deve essere ulteriormente espandibile in caso di necessità, come oggi ricorda anche il governatore Visco. È giusta la sospensione del Patto di stabilità e di altre regole, ad esempio sugli aiuti di stato o sulla destinazione dei fondi europei, che limitano inutilmente l’azione del governo. Ma è necessario continuare a battersi, come il nostro governo sta facendo. Non è una questione da cui dipenda la sola sopravvivenza del nostro paese, ma la sopravvivenza stessa dell’Europa, come la vogliamo.

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Visco: un contenitore unico per il debito futuro dell’Unione europea

Vincenzo Visco, Il Sole 24 Ore

Si tratta di superare un approccio ormai molto radicato, ancorché errato e, a mio avviso, contrario ai trattati, che ha prevalso negli ultimi anni. Se l’aumento dei disavanzi pubblici e dei debiti dell’eurozona non sarà gestito in modo non convenzionale, potrebbe veramente portare alla sua dissoluzione, dal momento che i mercati non si lasciano commuovere dal coronavirus. Studi dimostrano come i grandi debiti accumulati in passato (per esempio dopo la crisi del ’29 o dopo la Seconda guerra mondiale) non siano mai stati rimborsati interamente secondo principi e criteri ortodossi, ma che essi spesso vennero eliminati (ridotti) in seguito a default, o ristrutturazioni, o mediante una forte inflazione (come fece l’Italia – Einaudi – dopo la guerra). Talvolta possono essere riassorbiti grazie a un periodo di forte crescita economica (che oggi non appare molto probabile), ma più spesso sono stati gestiti mediante sistematici interventi di “repressione finanziaria” consistenti nel collocare forzosamente il debito presso le istituzioni finanziarie o i fondi pensione, o imponendo tetti ai tassi di interesse, eccetera. Nella attuale situazione europea si potrebbe pensare ad un apposito contenitore in cui collocare l’extra debito con una scadenza molto lunga (30-50 anni), in modo da evitare che esso interferisca e renda molto difficile la ripresa economica.

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D’Alema: un mondo diviso che ha bisogno di un ritorno alla sovranità

Annalisa Chirico, Il Foglio

Il sovranismo racchiude un’istanza giusta: il ritorno alla sovranità. Una parola bellissima per chi, come me, è da sempre fautore del primato della politica. La democrazia è attraversata da un deficit di inclusione, è destrutturata, priva di. corpi intermedi, immediata e dunque fragile, incapace di produrre leadership degne di questo nome. Pensi al caso italiano: i leader, da noi, vivono soltanto cicli brevi, il che produce paralisi istituzionale e incapacità di decidere. La gestione ordinata dei flussi migratori è ostacolata dalla legge. Bossi-Fini che ha favorito l’immigrazione clandestina attraverso il proibizionismo. Non siamo invasi da nessuno, ma è evidente che l’impatto degli immigrati determina allarme per l’assenza di efficaci politiche di integrazione. Cavalcare questi allarmi per fini di propaganda politica è una forma di barbarie. Se blocchi una nave per dare l’impressione di una invasione in atto, indispettisci gli interlocutori europei con i quali dovresti invece condividere l’onere dell’accoglienza. Non si fa propaganda sulla pelle delle persone.

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Oggionni: sinistra, perché c’è bisogno di radicalità (e non di estremismo)

Simone Oggionni, Huffington Post

Citazione del 1843 di Marx: “Essere radicale significa cogliere le cose dalla radice”. E aggiunge: “La radice per gli uomini è l’uomo stesso”. Questa deve essere la chiave del nostro progetto: la difesa integrale dell’uomo. Della sua fragilità, della sua inadeguatezza, della sua paura e della sua insufficienza di fronte alla sicumera e alla catastrofe del tempo presente. Un pensiero radicale e non estremista, che dunque si colloca nel campo del centro-sinistra, dentro il dibattito politico che si svilupperà in questi mesi e che sarà animato in primo luogo dal Partito democratico, che è di gran lunga il soggetto principale di questo campo. Un partito che ha grandissimi limiti e che senza una profonda autocritica rispetto agli errori compiuti in questi anni, persino rispetto alla sua stessa genesi e alla cultura politica a essa sottesa, rischia di non avere un futuro. Ma che oggi ha la responsabilità storica di definire un percorso che parli a tutta la sinistra italiana.

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D’Alema: un riformismo che balbetta irrimediabilmente fallisce

Gianni Giovannetti, Left

La sinistra deve riappropriarsi di se stessa. Quando non si parla più la stessa lingua e si fa fatica a riconoscere e condividere un cammino comune, allora bisogna fermarsi e ricominciare. Da dove? Dalla ricostruzione di un “rapporto fisico” con il popolo. Un rapporto che abbiamo smarrito, abbiamo accantonato dietro le quinte del partito liquido, post-ideologico, post-identitario; un partito all’americana, con le primarie e le convention da comitato elettorale. Occorre ricostruire invece una forma di soggettività politica organizzata, e ricostruirla in mezzo al popolo. La scelta di questo governo con Pd, LeU e 5 Stelle era una scelta obbligata, un tentativo da fare. Ma sarebbe stato meglio farlo appena dopo il voto. Aver sospinto invece, in quel passaggio, Di Maio e gli altri tra le braccia della Lega, è stato un errore storico. Il Movimento aveva ed ha bisogno di tematizzare quello che è successo in questi due anni. Ma stenta a farlo e adesso si ritrova con dei paradigmi nei quali la realtà fa fatica ad entrare. La realtà è entrata in rotta di collisione con uno schema che dice, per esempio, che non esistono più né destra né sinistra. Non è stato mai così vero il contrario.

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