Guerra: contro la disuguaglianza di genere i bonus non bastano

Gloria Riva, L’Espresso

La pandemia ha avuto un’influenza negativa sul lavoro femminile. Un danno che, anche a livello internazionale, gli economisti hanno definito Shecession, fusione di She e Recession. Abbiamo ragionato molto sul fatto che la difficoltà delle donne di accesso al mondo del lavoro è strettamente legata allo squilibrio fra lavoro di cura e professione. Quindi, all’interno di Next Generation Eu, molto spazio è dato alle infrastrutture sociali rivolte a bambini, disabili e anziani non autosufficienti, su cui si investono 4 miliardi, e soprattutto alla costruzione e ricostruzione di asili nido.

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Guerra: parità di genere, una risposta di qualità. Risposta a F. Kostoris

Maria Cecilia Guerra e Eleonora Romano, Il Sole 24 Ore

Il Pnrr evita l’errore di rappresentare le donne come una specifica categoria di svantaggio di cui occuparsi in un capitolo apposito. Un errore che porta spesso ad approcci di “discriminazione positiva”: il riconoscimento formale di una “questione femminile” si traduce in interventi di policy che non agiscono a livello strutturale sulle disuguaglianze di genere. Interventi più efficaci richiedono invece di adottare, come fa l’ultima versione del Pnrr, una prospettiva di genere trasversale rispetto a tutti i diversi ambiti di azione, integrando tale prospettiva in tutte le politiche pubbliche. Trasferire cura e riproduzione sociale dalla sfera meramente privata a quella pubblica implica far emergere responsabilità collettive di cui finora si sono fatte (gratuitamente) carico le donne.

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Bersani: a Livorno eravamo già sconfitti, solo Gramsci lo aveva capito

Concetto Vecchio, la Repubblica

I cento anni dalla fondazione di Livorno tra ideali e contraddizioni, dal docufilm “La dannazione della sinistra: cronaca di una scissione”, in onda sabato 23 su RaiTre. Il Pci ha ereditato il meglio della tradizione riformista, dandogli una solidità politica, quella che era mancata alla tradizione socialista. Si devono ai riformisti i meccanismi e le conquiste di autorganizzazione che sono ancora patrimonio della democrazia italiana. A Livorno sono stati sconfitti sia i riformisti che hanno predicato la rivoluzione senza farla, sia i comunisti che erano convinti di farla fuori tempo, mentre ormai si era affermato il fascismo. Dunque l’assise si celebra dopo la sconfitta, non prima.

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Tozzo: cento di queste radici, Partito comunista italiano

David Tozzo, Huffington Post

Il filo rosso che rotolandosi cent’anni arriva a noi dev’essersi in qualche modo perso, strada per strada, non potendolo ravvisare né in grandi e grossi ma in effetti rachitici riformismi raffermi né in incantesimi inconsistenti di formazioni extra-parlamentari lanciatissime verso l’inesistenza, anzi, già lì, già da sempre. Il sentiero non è né quello del riformismo né quello dell’estremismo, la strada è quella di un radicalismo di conio nuovo. Irreprensibili comunisti, intellettuali liberi, magnifici mostri sacri come i compiantissimi compagni Gramsci, Terracini, Macaluso desideravano ardentemente che si osasse inventare il futuro.

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D’Alema: il Partito comunista italiano è sempre stato riformista

Ezio Mauro, la Repubblica

I cento anni dalla fondazione di Livorno tra ideali e contraddizioni, dal docufilm “La dannazione della sinistra: cronaca di una scissione”, in onda sabato 23 su RaiTre. L’ambiguità era praticare il gradualismo nascondendolo col linguaggio della rivoluzione. La rottura con l’Urss fu tardiva, Occhetto ha un merito storico. E tuttavia fu un momento drammatico per centinaia di migliaia di persone, a dimostrazione che il Pci non era un accampamento cosacco in Italia, ma una parte rilevante della vita del Paese. Nel 1968 io ero a Praga a difendere la Primavera. Se non ci fosse stata la condanna dell’invasione, la mia generazione non sarebbe entrata nel partito.

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Oggionni: a cento anni dalla scissione del Pci, nessun erede

Simone Oggionni, Huffington Post

Il centenario del Pci sta scatenando damnatio memoriae e nostalgia. Penso invece che debba indurci a sviluppare alcuni interrogativi. Io penso che ci sia ancora molto da studiare e molto da scavare. Non soltanto rivolgendosi all’interno della comunità degli studiosi, dei ricercatori, degli appassionati di storia e di dottrine politiche. Ma anche alla politica e in primo luogo a quella sinistra che di quella vicenda è erede. Il dramma – questo è il punto fermo che mi sento di rimarcare – è che non esistono soggetti politici non solo interessati ma soprattutto credibilmente candidati a rappresentarne l’eredità. Occorrerebbe confrontarsi. Provare a rispondere alle domande che la storia ci pone e riprendere il filo di una riflessione capace di dire, per esempio, quali sono stati i tornanti nei quali quel genoma gramsciano è stato abbandonato.

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Geloni: il Pd e i girotondi sulla crisi, analisi di un partito

Francesco De Palo, Formiche.net

Troppa equidistanza tra Renzi e Conte. Temo che il Pd abbia pensato che Renzi potesse rappresentare, con più libertà, un disagio presente tra i dem. È stato un grave errore: non è interesse del Pd mantenere questa ambiguità, rispetto ad una fase che è già stata giudicata molto severamente dagli elettori. Sono quasi dieci anni che all’interno del Pd, prima ancora che una frattura politica, penso siano stati superati quei limiti umani che consentono la sopravvivenza di una comunità. Rifletta su questo aspetto, anche per valutare cosa accadrà nei prossimi giorni. Un governo può cadere e, molto laicamente, un’esperienza si può anche chiudere: ma c’è modo e modo di gestire una fase del genere.

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Scotto: stop agli inciuci, senza Conte si va a casa e torniamo a votare

Loredana Lerose, Cronache

Siamo davanti ad un’operazione di Palazzo, non a una dialettica all’interno di una coalizione plurale. La stragrande maggioranza delle persone fatica a capire l’oggetto del contendere e rischia di tradurre questo passaggio esclusivamente come la solita manfrina della politica che si autorappresenta. Ricorrere ai tecnici quando si deve tagliare e chiedere sacrifici è sbagliato. Il prezzo del governo Monti è stato salatissimo. Serve un salto di qualità. Bisogna che la maggioranza trasformi un’alleanza nata dall’emergenza contro la destra in un progetto duraturo: il nuovo campo dei progressisti che riprendono la bandiera della questione sociale dopo che per anni essa è stata lasciata colpevolmente, anche e soprattutto a sinistra, nelle mani di una destra estremista.

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