Grasso: su di noi dicono solo bugie, perché ora siamo centrali

Politica e Primo piano
Intervista a La Verità
di Luca Telese
Presidente Grasso, da giorni sui media si dibatte sulla partecipazione di Liberi e uguali al governo.
(Sorriso) «Ho visto: e sono sorpreso da alcune attenzioni più o meno maliziose. Ma si vede che siamo già diventati centrali nella scena politica».
O forse questo accade perché qualcuno non sa ancora come collocarvi nelle future geografie parlamentari.
(Sospiro). «Se fosse così la fermo, perché questo è un dibattito che finisce subito. Siamo a sinistra, senza se e senza ma, e contro qualsiasi forma di cosiddetto “inciucio”. Non esiste nessuna possibilità che noi si possa fare un governo con la destra».
Proprio lei esclude formule istituzionali?
«Per noi è un principio di ecologia politica. Un valore sano anche per chi vota centrodestra: noi siamo nati per affermare i valori di sinistra, non vogliamo sommare voti di partiti ed elettori che si definiscono su principi opposti e che non hanno nulla a che vedere gli uni con gli altri».
Esempio?
«Lei se lo immagina qualcuno di noi impegnato in un Consiglio dei ministri con Matteo Salvini o Giorgia Meloni?».
Cosa è successo da Vespa mercoledì sera?
«Ho detto una cosa radicalmente diversa da quella che qualcuno ha voluto attribuirmi, lo stesso concetto che ripeto da mesi. Se non dovesse esserci una maggioranza coesa pretenderemo di sedere con le altre forze politiche al tavolo della legge elettorale».
Cioè?
«Semplicemente, cambiare la legge elettorale nel più breve tempo possibile per poi ridare la parola ai cittadini. A noi non interessano incarichi o poltrone ed è sbagliato immaginare governi promiscui o programmi comuni destra-sinistra. Mai con Berlusconi e mai con la destra, la legislatura dovrà solo sanare quella che noi consideriamo una ferita alle regole democratiche e alla sovranità del Parlamento».
La ferita è il Rosatellum?
«Esattamente: le ricordo che quando fu approvata questa legge, e proprio per questo motivo, io con uno strappo per me doloroso ho abbandonato il gruppo del Pd».
Perché questa legge elettorale non vi va bene?
«Non solo per un motivo formale. Il Rosatellum è stato approvato solo grazie all’imposizione della fiducia, prevaricando l’autonomia del Parlamento. Lei può immaginare quanto questo tema mi stia a cuore. Ma il Rosatellum è una legge – gli elettori lo verificheranno da lunedì in poi – che distorce i più elementari meccanismi di rappresentanza, il diritto dei cittadini a indicare i propri eletti».
Perché c’è questa grande attenzione intorno al tema del governo, e di una vostra possibile partecipazione?
«I sondaggi sono in movimento, i blocchi di consenso si stanno scongelando, molti italiani decidono solo adesso chi votare: le sorprese non mancheranno».
A che si riferisce?
«Sento consenso intorno a noi. Qualcuno ci vorrebbe arruolare, incasellare o tirare per la giacca in una direzione o nell’altra. Mancano poche ore al voto, ed è molto comodo cercare di rappresentare la nostra proposta politica per quello che non è».
Lei teme l’argomento del cosiddetto «voto utile» al Pd, confessi.
(Sorriso) «Per nulla. Il cosiddetto “voto utile” non esiste più, proprio dopo l’approvazione del Rosatellum. Tantomeno esiste il voto utile al Pd. È il voto a Liberi e uguali, semmai, che è «utile» a ripristinare i diritti, a tutelare chi è stato colpito dalla crisi, chi ha perso fiducia nelle istituzioni».
Lei sembra arrabbiato.
«Molti di noi hanno messo in gioco tutto in questa nuova impresa, ogni certezza: io ho rinunciato a tutto quello che mi offrivano, ai ruoli, agli onori, ai seggi certi, sono anche andato a combattere in un collegio insicuro della mia Sicilia per una questione di principio».
Si riferisce al collegio uninominale?
«Esatto: avrei potuto restarmene comodo solo sul proporzionale. Ma volevo andare davanti agli elettori e chiedere un voto per uno scopo e una battaglia precisi».
Quale?
«Voglio andare in Parlamento a difendere chi non ha più copertura sanitaria, chi è assediato dalla precarietà, chi non riesce più a vedere riconosciuto il suo diritto allo studio, chi paga per gli effetti delle riforme previdenziali e magari oggi si ritrova nel limbo, senza lavoro e senza pensione».
In queste ore Pietro Grasso avverte un fuoco di fila contro il suo partito. Chi scrive che Liberi e uguali sta per dividersi, chi lo vuole al governo, chi continua a chiedergli se si sente commissariato da Massimo D’Alema. Per il presidente del Senato è «fuoco amico».
Presidente, sono fondati questi retroscena?
«Sono tutte fantasie costruite a tavolino. I miei rapporti con i tre giovani segretari dei partiti di Liberi e Uguali sono ottimi. Vuole scommettere con me che non ci divideremo dopo il voto? Siamo l’unica forza che è nata unendo tre forze. Quanto a D’Alema, il nostro rapporto è ottimo».
Lei è stato attaccato anche sulla proposta delle tasse universitarie.
«In un mondo in cui i saperi conteranno sempre di più ci servono cittadini formati. Quel tema è solo una parte di un programma in cui ci proponiamo di investire risorse per garantire scuola e formazione, dall’asilo gratis all’università».
C’è stato grande dibattito sulla proposta della Bonino di cancellare l’Iva agevolata e portarla dal 1.0% al 22%.
«È il contrario di quello che proponiamo noi. La nostra idea è che l’Iva vada concentrata in due scaglioni e ridotta il più possibile. È l’imposta più ingiusta tra le tante che affliggono gli italiani. Depressiva perché colpisce i consumi. Iniqua perché colpisce poveri e ricchi in maniera differenziata. Ricorda Don Milani? “Non c’è nulla di più iniquo di fare parti uguali tra diseguali”».
Quindi per lei è giusto mantenere diversi livelli di imposta?
«Ma certo. L’Iva agevolata non è un regalo a qualcuno, ma una misura che tutela beni primari come gli alimenti, la cultura, i farmaci».
Siete per l’abolizione del Fiscal compact?
«Certo. Il Fiscal compact è un vincolo che ha frenato gli investimenti di cui questo Paese ha disperato bisogno per far ripartire lavoro e occupazione».
Come lo spiega all’Europa?
«Con la Golden rule si possono scorporare dai parametri deficit/debito gli investimenti strutturali e quelli in formazione e cultura».
Volete più tasse?
«No, ne vogliamo di meno, ma le vogliamo progressive e distribuite meglio».
Volete che «anche i ricchi piangano»?
«Affatto. Ma il nostro scopo è quello di rispettare la costituzione che parla di progressività. I ricchi devono pagare più di chi ha di meno. E tutti devono pagare».
Perseguirete gli evasori?
«Farlo è il modo principale per recuperare risorse e abbattere le tasse. Chi non paga le tasse per me è un ladro. Un ladro di servizi».
Tutti dicono di voler combattere l’evasione.
«Ma non lo hanno fatto. Il nostro programma prevede di recuperare 30 miliardi, il 10% dell’evasione stimata. È un obiettivo verosimile».
Molti giustificano l’evasione con la pressione fiscale.
«Le ricordo che l’82% del gettito fiscale viene da lavoro dipendente o da pensionati. Questa follia deve finire».
Vuole aumentare la spesa pubblica?
«Ridurla cancellando la pioggia di incentivi e bonus. Ma trovando le risorse per assumere giovani laureati nell’amministrazione dello Stato, medici per sostituire quelli che stanno andando in pensione, per sbloccare il turn over che ha fatto tanti danni e ha ridotto l’efficienza dei servizi ai cittadini».