Speranza: a 38 anni ho poco da guardare indietro. Ma nel nostro passato c’è molto di buono

Politica e Primo piano

intervista al Corriere della Sera

di Alessandro Trocino

«È solo una febbre della crescita. Siamo determinati ad andare avanti insieme e a dare rappresentanza a una moltitudine di cittadini che ci aspetta». Roberto Speranza, Mdp, non nasconde le difficoltà del rapporto con Campo progressista, ma si augura una rapida ripresa del dialogo.

Ieri Pisapia ha annullato il vostro incontro. Irritato, a dir poco. Come è andata?

«Mi ha chiamato ieri mattina. Ci siamo confrontati e abbiamo ritenuto insieme che fosse il caso di prenderci un momento di riflessione».

Pausa o de profundis?

«No, l’obiettivo di fondo resta valido. Questa è una sfida che prescinde dalle nostre persone, è qualcosa di più grande delle polemiche».

Avete criticato l’abbraccio a Maria Elena Boschi e il «sentirsi a casa» di Pisapia alla festa dell’Unità.

«Ma chi se ne frega dell’abbraccio, quella polemica è stata montata ad arte».

Ma lei si sente a casa alle feste dell’Unità?

«Ci sono cresciuto in quelle feste, ne ho montati di tendoni. Il punto è la linea politica e il fatto che moltissimi non si sentono più a casa in quel partito, perché Renzi ne ha umiliato i valori originari. Dopodiché quella comunità non sarà mai il mio nemico».

Pisapia vi accusa di avere la testa rivolta all’indietro.

«A 38 anni ho poco da guardare indietro. Ma non mi vergogno del passato, c’è molto di buono: dalla storia dell’Ulivo al centrosinistra».

Siete antirenziani accaniti.

«E’ una caricatura l’antirenzismo tout court. Mi fa soffrire questo tentativo di farci passare per persone rancorose. Il punto sono le politiche. Noi vogliamo ripristinare le garanzie dell’articolo 18, Renzi dice viva il jobs act. Dal lavoro al Fisco, dall’ambiente al ciaone sulle trivelle, Renzi ha stravolto l’identità del Pd».

Pisapia non esclude un’alleanza post voto.

«Il portavoce di Campo progressista dice: siamo alternativi al Pd. Mi sembra chiaro. Il Pd, se non cambia, finirà per allearsi con Berlusconi».

Dunque, volete andare avanti con Pisapia.

«Sì, con due punti irrinunciabili. Il primo è la discontinuità e l’alternativa alle politiche renziane. Il secondo è che questo grande soggetto politico non può nascere nel chiuso di una stanza, non può accettare veti e deve essere inclusivo anche a sinistra».

Pisapia è già il vostro leader o servono le primarie? C’è chi pensa che così ne mettiate in discussione la leadership.

«Pisapia ha le carte in regola per unire un mondo largo. Non stiamo cercando un altro uomo solo al comando e non mi interessa una conta sul nome. Credo che sia necessaria una grande assemblea costituente in autunno. Questo processo non si può costruire nel chiuso di una stanza, deve partire dal basso».

Qualche veto potrebbe arrivare da Campo progressista: per esempio su D’Alema.

«La logica dei veti non è accettabile. I paletti si mettono sull’agenda, non sulle persone. La nostra sfida deve essere rivolta a tutti: alla minoranza del Pd come a chi sta a sinistra dei dem. Quel che è certo che sbaglia chi fa ogni giorno l’analisi del sangue a Pisapia».

Avete contestato la comunicazione di Pisapia, a partire dalle frasi di Gad Lerner.

«Diciamo che tutti noi non abbiamo costruito una macchina all’altezza delle passioni che abbiamo risvegliato il primo luglio. Dobbiamo recuperare».

Altro punto di contrasto: la tenuta del governo. Pisapia teme che votiate no alla legge di Bilancio.

«Pisapia ha criticato con noi il ritorno dei voucher e il rinvio dello ius soli. E’ chiaro che a settembre ci deve essere una svolta nelle politiche dell’esecutivo: se non ci sarà e si continuerà a virare a destra, il premier non potrà chiedere voti al centrosinistra ma a Berlusconi e Verdini».