Altro che “folla”. La connessione sentimentale dei Liberi e Uguali

| L_Antonio

L’Atlantico non è bastato. Tanti in sala, tanti fuori davanti ai maxischermi, una certa ressa davanti agli accrediti. Un palmare successo di partecipazione che, però, ha indotto alcuni a parlare di ‘bolgia’, quasi a raffigurarlo come un insuccesso. Non tanto organizzativo, quanto politico: l’assemblea, insomma, sarebbe stata una specie di catino acclamatorio, senza democrazia, senza voto, eterodiretto e senza rispetto per i delegati accorsi da tutta Italia. C’è chi ha usato un detto belliano per rimarcare come tutti costoro non contassero ‘nulla’, diciamo così, ma si trattasse soltanto di una situazione già cotta e mangiata, solo mediatica, unilaterale e unidirezionale. E quei compagni, quel pubblico, quei partecipanti fossero solo ‘folla’, un magma di lava senza né capo né coda, né nomi né cognomi. Pubblico, audience, claque. Nient’altro. È un po’ quel che dicono indirettamente anche coloro che parlano di ‘metodo’ sbagliato per l’indicazione di un leader: che nascerebbe solo mediaticamente e non ‘dal basso’ – per cooptazione e non per libera scelta. Alla fine, però, pur nell’intento di mettere in croce i dirigenti, si finisce per gettare la croce stessa sulle spalle dei militanti, che in questo ruolo di ‘folla’ acclamante e assuefatta a tutto, sarebbero a loro agio.

Ma davvero questa metafora della ‘folla’ funziona? Questa idea che quelle 6-7.000 persone, e le 42.000 prima ancora nelle 151 assemblee locali, non contino nulla? Siano comparse o tirapiedi? Votino, anzi acclamino, a comando? Ma come può venire in mente? Si parla tanto di connessione sentimentale: ebbene, non ne vedevamo così tanta da decenni. Bisognava starci per capirlo, perché lo streaming raffredda le sensazioni e le distorce un po’. Attorno a noi c’erano volti che conosciamo da decenni, quelli di una ‘forza’ tranquilla ma tenace, inattuale per certi aspetti, prontissima all’ascolto, al giudizio, ‘militante’ nel senso dello spirito di servizio, pronta a schierarsi senza soverchi retropensieri. All’Atlantico non c’era il classico bidone di benzina vuoto, montato a guardia da un soldato fuori tempo massimo. C’era la politica: nelle parole, nei pensieri, persino nei sentimenti che copiosamente si diffondevano in sala e sotto i maxischermi. La ‘modalità’ di voto, il metodico giudizio ‘dal basso’  erano l’attenzione prestata a ogni passaggio, l’atto collettivo di fiducia, l’adesione sincera alle cose che venivano dette, ai gesti, alle suggestioni, al discorso finale di un uomo di sinistra ed ex Presidente del Senato, prima ancora che ex magistrato. Una voglia di unità che si poteva palpare nell’aria. Un’attenzione e una speranza davvero fortissime. Tutto ciò veniva dall’alto o dal basso? Era il ‘metodo’ giusto o quello sbagliato? Chissà, e ce ne importa poco, a dire il vero. Sembra solo una questione di lana caprina. La cosa ha funzionato e tanto basta. Ha mobilitato donne e uomini, ha prodotto e legittimato una forza, che adesso è in campo ed è destinata a crescere se saprà parlare al Paese. Una forza che oggi si misura con la campagna elettorale e la lista unitaria, ma speriamo che al più presto possa confrontarsi col congresso fondativo di un partito nuovo del lavoro, della cultura, della democrazia, dei diritti.

La ‘folla’ è muta, non ha voce, oppure parla un linguaggio inautentico, impersonale. All’Atlantico abbiamo visto, invece, tante persone sul palco e sotto, ognuna col proprio carattere distintivo, la propria storia, la propria identità e le proprie speranze. Nessuno li ha costretti a venire, ma tutti cercavano qualcosa, l’unità vera, sui contenuti e sulla reciproca stima, non sulla brama cieca di vincere alcunché a ogni costo, anche con idee artefatte, anche nel vuoto dei contenuti. Mentre la destra si arrabatta per vincere, mette da parte i contenuti e pensa solo al risultato (lo scontro interno sarà dopo le urne, nel caso), mentre il Pd ammucchia tante liste civetta e promette seggi sicuri solo per fare percentuale, la sinistra no, la sinistra parte dai contenuti e su questi ha costruito un’alleanza e poi, speriamo, costruirà anche un partito nuovo. Perché non è la ‘vittoria’, come nel calcio, il senso del fare politica. Non è nel fatto in sé del risultato elettorale. Ma nel progressivo accumularsi di ‘forza’ (rappresentanza, autorevolezza, cultura politica, moralità) grazie alla quale stare dalla parte giusta, come ha detto Roberto Speranza, all’interno delle istituzioni e all’interno della società. Sempre dalla parte degli ultimi e dei penultimi. Accanto al lavoro, alla cultura, alla democrazia. Il resto verrà.

(https://lantonio2017.wordpress.com)

Alfredo Morganti Giorgio Piccarreta

Alfredo Morganti è da sempre appassionato di politica e di sinistra. Ama scrivere. Suona la batteria. Da qualche tempo si è scoperto poeta. Giorgio Piccarreta è funzionario del Comune di Roma. Coltiva orti, letture, l’amore e, fin da piccolo, la passione per la politica. Di sinistra.