Niente rottamazione e niente coalizione. Dove sta andando il Pd

| L_Antonio

Ricordate Renzi quando parlava di ‘rottamare’ Bersani, D’Alema e gli altri? E attorno tutti ad acclamare, e a tributare osanna? Era il momento dell’uomo ‘nuovo’, di chi avrebbe fatto vincere finalmente la sinistra dopo 100 anni e più di ‘sconfitte’, quasi tutte addebitabili ai due sunnominati e a qualche accolito. Si spacciava l’idea che bastasse liberare zavorra per rilanciare la politica di sinistra, e la zavorra non erano solo le idee, i contenuti, i principi, ma le persone in carne e ossa, le donne e gli uomini. Mentre in altri paesi la sinistra si rilanciava grazie all’impegno di padri nobili e leader di razza ancorché non giovanissimi, qui da noi i compagni più anziani si tentava di gettarli via, per far emergere al loro posto una classe dirigente ‘nuova’, ambiziosa, con un grande senso del potere e del sottopotere, votata alla tattica, pronta a scambiare tout court la politica con la comunicazione, invece di pensarne il fecondo connubio. Che cosa faceva inorridire? L’idea di ‘rottamare’ le persone. Si trattava, in fondo, del lato oscuro della personalizzazione della politica: se tutto si riduceva a una nuova leadership, anzi a un uomo nuovo al comando, tutto allora si completava nella eliminazione della precedente classe dirigente, nella sua ‘rottamazione’ appunto.

Oggi tutti sembrano aver dimenticato quella fase. Oggi i gufi e i ‘rottamati’ servono ancora. Magari a portare voti ai rottamatori stessi e a sostenere questa nuova ‘razza padrona’ delle istituzioni, dinanzi a una defaillance politica ancor prima che elettorale sempre più evidente. Se non esistessero andrebbero riesumati. E invece, bontà loro, i rottamati, i gufi e i rancorosi esistono ancora, sono vivi e vegeti, e sono portatori persino di un progetto politico che prende pian piano corpo, in discontinuità con la marmellata renziana fatta di jobs act, buona scuola, bonus e riforme istituzionali fallite. A dimostrazione che sono le idee, e i contenuti, e i valori a fare la politica, e che gli uomini ne sono gli interpreti, e che se quelle idee sopravvivono e persistono, anche la rottamazione, oltre che volgare, è solo una stupida illusione. Per questo le ‘aperture’ di Renzi lasciano il tempo che trovano, e sono palesemente insincere. L’ex premier è monoculturale, ha solo piani A, non prevede né pensa a piani B, e quando ‘apre’ lo fa solo con intenti tattici e non intende rinunciare a nulla delle proprie politiche e delle proprie spacconate. La coalizione per lui è fumo negli occhi, sopportabile appena per vincere o anche solo riportare in Parlamento più ‘suoi’ possibili.

La prova? Scriveva la Meli sul ‘Corriere della Sera’ nel luglio scorso (ieri insomma): «L’esito delle elezioni comunali a suo (di Renzi) giudizio ha indicato la strada e intraprenderla è l’unica soluzione. “Ora — osserva Matteo Renzi — mi trovo sul banco degli imputati e non si capisce il motivo visto che la coalizione in queste amministrative è stata fatta proprio come volevano loro, mettendo insieme tutti”. Dove per loro il leader del Pd intende gli Orlando, i Bersani, e la sinistra in genere. “Lo schema di Pisapia, di Prodi e di tanti altri era chiaro: facciamo una coalizione larga e con quella vinciamo. Ma non ha funzionato. Genova sta lì a dimostrarlo e ha dimostrato anche che se metti uno di Mdp come candidato il voto borderline va a destra”». Più chiaro di così si muore. Renzi è il primo a contestare le sue stesse ‘aperture’ a sinistra, è il primo a non crederci e a non volerle davvero. È il primo a non confidare sulle coalizioni. E allora, perché il Rosatellum? Per stupidità? Per patente incoerenza? Manifesta stoltezza? Perché Renzi non conta più nulla e cede una parte della propria opinione ai suoi consiglieri? È così assurda la situazione, che Orlando ha già detto che il PD vive una pesante contraddizione politica: quella di aver voluto una legge con le coalizioni ma di non disporre di una coalizione a sua volta. E forse nemmeno di desiderarla davvero. Renzi avrà pensato: gli do il contentino del Rosatellum, faccio qualche finta apertura, chiarisco tuttavia che le politiche del PD di questi anni non si toccano, e poi dico: vedete, nessun gufo, nessun ‘rottamato’ è disposto davvero a coalizzarsi con noi. Perciò il tempo è finito, ora si va da soli. Dove? All’inferno, ovviamente. E dov’altro sennò?

Alfredo Morganti Giorgio Piccarreta

Alfredo Morganti è da sempre appassionato di politica e di sinistra. Ama scrivere. Suona la batteria. Da qualche tempo si è scoperto poeta. Giorgio Piccarreta è funzionario del Comune di Roma. Coltiva orti, letture, l’amore e, fin da piccolo, la passione per la politica. Di sinistra.