Prigionieri dell'”Adesso!”: una politica che parla di futuro, ma non lo vede

| L_Antonio

Una delle esortazioni che Matteo Renzi ripete spesso è “parliamo del futuro dell’Italia”. Lo dice sovente in termini polemici, dinanzi a chi lo incalza con domande ritenute troppo ‘politiciste’, tipo: “Quale legge elettorale?”, “Coalizioni sì o no?”. Infastidito, e forse intento a dare di sé un’immagine per certi aspetti ‘impolitica’, l’ex premier scantona istintivamente (ultimamente lancia anche microfoni come diversivo) e chiede di guardare al futuro invece che insistere sul nostro misero presente ‘politico’. Il senso di fastidio verso l’attualità è palpabile. Così come quello di scantonare dalle responsabilità presenti, a dire il vero. Ne dovremmo ricavare l’idea che Renzi sia una specie di futurista, uno che vede solo l’avvenire indissolubilmente proiettato verso orizzonti lontani, e intento anzi a disegnarli con forza quegli orizzonti! E invece no. Non è così. Pensate al suo claim delle primarie: “Adesso!”. Era inequivocabile. L’allora candidato voleva spostare l’attenzione sul ‘qui e ora’, senza più attese, né rinvii burocratici a un  futuro troppo lontano. Lui piombava coi piedi nel piatto della politica italiana tipo ‘evento miracoloso’, e pretendeva che questo evento fosse il vero fatto, la vera effettualità, e non i continui (e colpevoli) rimandi a un secondo tempo che, secondo lui, non arrivava mai ‘impaludando’ tutto (ed era questo il limite, a suo parere, della politica italiana).

Ma cosa c’è di più ‘presentificante’ della politica dei bonus, degli sgravi e delle regalìe? Dell’idea di distribuire risorse pubbliche per andare a raccogliere subito consenso sociale? Le elezioni europee del mitico 40% furono scandite proprio dal bonus degli 80 euro, che funse da clamoroso attrattore di consenso spiccio. Il richiamo continuo al taglio delle tasse andrebbe letto a partire da questo registro comunicativo. La riduzione degli investimenti indica, parallelamente, il loro scarso peso attuale e l’indifferenza verso risultati concretizzabili nel tempo a venire, magari fuori portata dalla attuale leadership di governo. Renzi, nonostante le sue esortazioni al futuro, è figlio dell’attualità, del tutto e subito, e dell’ ‘adesso’ come lui stesso ha chiarito. Renzi è una figura politica ridotta all’evento della sua apparizione, incapace per ideologia, per formazione comunicativa e per scelta retorica a sfuggire alla presa dell’adesso evocato, da lui per primo, in termini ‘fondativi’. Anche la battaglia per la riforma della Costituzione ha avuto il medesimo taglio frettoloso, insensibile alla profondità e valenza ‘storica’ dell’iniziativa, attento solo alle ricadute e ai ‘vantaggi’ personali in termini di ‘governabilità’ attuale. Pensate anche alla ‘rottamazione’: cos’era se non fare i conti col passato in modo brutale, senza alcun riguardo verso chi, quel passato recente, lo aveva vissuto da protagonista? E cos’era il ‘nuovismo’ se non pensare il ‘nuovo’ (e dunque il presente) come una categoria metafisica?

Certo, non bisogna dare tutta la responsabilità all’ex premier. È figlio di tempi che concedono davvero poco al futuro inteso come responsabilità e impegno, se non vaghe esortazioni retoriche. Viene a mente lo storico Hartog e un fenomeno denominato ‘presentismo’, definito come “evidenza di un presente onnipresente”. Si ha a che fare “con un passato dimenticato o troppo ricordato, con un futuro che è quasi scomparso dall’orizzonte o con un avvenire prevalentemente minaccioso, un presente ininterrottamente consumato nell’immediatezza e quasi statico e interminabile, se non eterno”. Così è, pure, per la politica ‘presentificata’: attenzione al qui e ora, ansia da prestazione dinanzi alla conquista del consenso, e orizzonti futuri come mere appendici retoriche del presente, nonché sempre più radi, immaginifici, lontani, nebbiosi, in sostanza inesistenti. Paradossali, appunto, come orizzonti che non sono tali. Il fatto è che, senza una quadro di cambiamento, senza un disegno che apra la prospettiva e liberi il presente dal suo recinto, la politica resta asfittica, non respira, non si affranca dal format di evento, di spettacolo, di performance, e non esce dal suo carattere personalizzato o mediatico. La sinistra oggi ha il compito di rompere la corazza e di offrire risorse morali, intellettuali e finanche tecniche al desiderio e all’urgenza del cambiamento, che oggi sono soffocati, liberando così anche la politica dalla scatola in cui è compressa suo malgrado. Compito non facile, persino inattuale. Ma assolutamente ineludibile.

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Alfredo Morganti Giorgio Piccarreta

Alfredo Morganti è da sempre appassionato di politica e di sinistra. Ama scrivere. Suona la batteria. Da qualche tempo si è scoperto poeta. Giorgio Piccarreta è funzionario del Comune di Roma. Coltiva orti, letture, l’amore e, fin da piccolo, la passione per la politica. Di sinistra.